Mentre negli States prosegue a colpi di “risultati sull’efficacia” la “sfida” sul vaccino anti-Covid tra “Pfizer-BionTech” e ”Moderna“, il vaccino europeo AstraZeneca-Oxford-Pomezia avanza spedito verso la fase 3 con ottimi risultati pubblicati oggi su “The Lancet” in merito alla risposta immunitaria nelle categorie più debole ed esposte al COVID-19. Il vaccino AstraZeneca «produce una forte risposta immunitaria negli anziani», spiega lo studio pubblicato oggi dalla rivista medica internazionale “The Lancet”, con risultati della fase 1 e della fase 2 che suggeriscono un’ottima reazione a livello immunitario per la categoria più a rischio mortalità. Sono stati 560 i volontari adulti sani che hanno preso parte ai test di fase 2, in cui sono state somministrate due dosi del candidato vaccino o un placebo. Secondo la relazione finale, «non sono stati segnalati effetti collaterali gravi».
I PRIMI RISULTATI DELLA RICERCA ASTRAZENECA
Tanto nel vaccino Pfizer quanto su “Moderna” l’efficacia del vaccino diffusa dai comunicati ammetteva di dover ancora condurre definitivamente i dati sulla reazione degli anziani alla somministrazione: ecco, per il vaccino europeo – in ritardo rispetto ai colossi Usa – quantomeno per la protezione immunitaria negli anziani sembra andare verso dati ottimali. «Le risposte immunitarie dei vaccini sono spesso diminuite negli anziani perché il sistema immunitario si deteriora gradualmente con l’età, il che rende anche gli anziani più suscettibili alle infezioni. Di conseguenza, è fondamentale che i vaccini Covid-19 siano testati in questo gruppo che è anche un gruppo prioritario per l’immunizzazione», ha spiegato su Lance il professore Andrew Pollard dell’Università di Oxford. Le robuste risposte di anticorpi e cellule T osservate nelle persone anziane vengono definite molto “incoraggianti”: «Le popolazioni a maggior rischio di malattia grave da Covid-19 includono persone con problemi di salute pregressi e adulti più anziani. Ci auguriamo che questo significhi che il nostro vaccino aiuterà a proteggere alcune delle persone più vulnerabili della società, ma saranno necessarie ulteriori ricerche prima di poter essere sicuri», ha concluso il coautore dello studio Oxford-Pomezia, il dottor Maheshi Ramasamy.