Il primo vaccino anti-Covid progettato specificamente per la salute globale. Almeno così lo hanno presentato i suoi inventori, Peter J. Hotez, professore di pediatria e virologia molecolare al Baylor College of Medicine, e l’italo-honduregna Maria Elena Bottazzi, co-direttrice del Texas Children’s Hospital Center for Vaccine Development. Il suo nome è Corbevax, è un vaccino ricombinante che deriva dalla stessa tecnologia usata per il siero contro l’epatite B e vanta caratteristiche peculiari che lo rendono particolarmente adatto all’uso in contesti poveri di risorse: è sicuro, è efficace, può essere prodotto localmente in quantità molto elevate, si conserva facilmente in frigo, costa poco (1,50 euro) e soprattutto non ha brevetto.



Il che ha consentito al governo dell’India di averne già ordinate 300 milioni di dosi, mentre la Biological E. Limited (BioE), l’azienda che produce il siero, ha dichiarato che prevede di consegnare più di un miliardo di fiale aggiuntive ad altri paesi. Ma cosa dobbiamo aspettarci da questo vaccino con proteine ricombinanti? Sarà davvero l’arma giusta per vaccinare in massa i continenti del Sud del mondo, a basso reddito e a basso tasso di immunizzazione? E potrebbe tornare utile anche nel nostro paese? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Clavenna, ricercatore presso il Dipartimento di Sanità pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano.



Che cosa si sa del Corbevax?

È un vaccino anti-Covid molto simile al Novavax, che dovrebbe essere molto presto disponibile anche in Italia, anche se il processo di produzione del Corbevax è leggermente diverso. Entrambi si basano sullo stesso approccio: non far produrre le proteine dall’organismo, come nel caso dei vaccini a mRna o a vettore virale, ma fornire direttamente già delle sub-unità che riportano alla loro superficie una parte della proteina spike del virus. In pratica, la proteina viene iniettata con il vaccino, inducendo il sistema immunitario a reagire.

Può fare da apripista per altri vaccini simili?



Sono numerosi i vaccini in corso di sviluppo che usano più o meno lo stesso approccio.

Che risultati ha dato in termini di efficacia?

Come per altri vaccini, nel momento in cui sono stati proposti per l’immissione in commercio, abbiamo solo i dati del produttore, in questo caso di chi ha sviluppato il vaccino. Non sono ancora disponibili pubblicazioni accessibili ai ricercatori. Dai dati forniti dai suoi inventori si parla di una buona efficacia, pari a circa il 90%, nel prevenire la malattia con le prime varianti in circolazione e un po’ più ridotta, all’80%, con la Delta.

Funziona anche con la Omicron?

Non si sa, non ci sono ancora dati.

E sotto il profilo della sicurezza?

L’approccio utilizzato per il Corbevax è in uso da molto tempo, per cui dal punto di vista teorico è difficile attendersi effetti indesiderati particolari, non osservati in precedenza. E non vengono segnalati neppure eventi avversi di tipo grave.

Essendo un vaccino anti-Covid con proteine ricombinanti simili a quello contro l’epatite B, il Corbevax può essere utilizzato con una certa tranquillità anche in ambito pediatrico?

Di per sé sì, ma prima di poterlo utilizzare è sempre necessario avere degli studi condotti sulla popolazione pediatrica per valutare poi il profilo di sicurezza di quello specifico vaccino che utilizza la specifica proteina come antigene.

Può essere prodotto a basso costo, è facile da conservare e non è coperto da brevetto: i suoi inventori sostengono che il Corbevax è il primo vaccino Covid progettato specificamente per la salute globale. Può davvero aiutare a risolvere il problema dell’immunizzazione dei paesi più poveri?

In parte sì, perché – sebbene la dichiarazione sia per certi versi un po’ troppo enfatica – il Corbevax offre indubbi vantaggi: non è stato depositato un brevetto, non necessita di una particolare catena del freddo, visto che può essere conservato in frigorifero, e richiede la stessa tecnologia utilizzata per produrre il vaccino contro l’epatite B. Tutto questo significa aumentare i potenziali siti di produzione, favorendo quei paesi che non sono in grado di realizzare i vaccini a mRna e avvicinando la produzione alle persone a cui dovrà essere somministrato il siero.

Detto questo?

Non è così automatico che mancanza di brevetto e facilità di produzione equivalgano a un aumento di dosi disponibili. Senza dimenticare che poi bisogna costruire la fiducia nelle persone a cui viene iniettato il vaccino.

A tal proposito, il Corbevax può essere una valida opportunità per immunizzare anche in Italia gli esitanti ai vaccini attuali?

Potrebbe esserlo per chi ha dubbi e timori sul vaccino a mRna, ma da questo punto di vista lo è anche il Novavax, già valutato e approvato dall’Ema. Il Corbevax infatti dovrà, nel caso, superare tutto l’iter di approvazione, per cui da noi non sarà certo disponibile in tempi brevi.

In caso di eventuale richiesta con approvazione da parte delle Autorità del farmaco, il nostro paese dovrebbe attrezzarsi per produrre il Corbevax con l’obiettivo di poterlo poi utilizzare in caso di future dosi di richiamo o di prossime campagne vaccinali?

È difficile adesso dire se abbia senso proseguire con la vaccinazione utilizzando un vaccino che è stato sviluppato sulla base delle primissime varianti del virus, mentre alcune aziende farmaceutiche stanno già cercando di sviluppare vaccini più specifici per Omicron o addirittura potenzialmente in grado di coprire da differenti varianti. Quando eventualmente ci sarà, perché oggi non è ancora del tutto chiaro, da proseguire con i richiami, forse sarà meglio orientarsi su vaccini che avranno uno spettro di copertura più ampio.

(Marco Biscella)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI

Leggi anche

VACCINI COVID/ Dalla Corte alle Corti: la neutralità che manca e le partite aperteINCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.INCHIESTA COVID BERGAMO/ Quella strana "giustizia" che ha bisogno degli untori