Arrivano buone notizie da Oxford in merito alla sperimentazione del vaccino contro il coronavirus. Gli scienziati del team internazionale che lo sta esaminando ritengono che possa essere pronto a settembre, se verrà confermata l’efficacia che è stata riscontrata nelle scimmie. Quindi ad inizio autunno potrebbero esserci milioni di dosi. Forse siamo ad un passo dalla svolta che tutto il mondo attende. Lo scopriremo entro un mese, il tempo necessario per capire se ci saranno riscontri positivi sull’efficacia e la sicurezza. «I macachi sono quanto di più vicino agli uomini possa esistere», ha dichiarato al Times il ricercatore Vincent Munster. Presto pubblicherà il report scientifico sulla scoperta così da condividerla con altri laboratori che sono in prima linea nella battaglia contro il coronavirus, e nello specifico nella ricerca di un vaccino. I ricercatori si aspettano che l’immunità ottenuta nei test sulle scimmie venga confermata anche nella sperimentazione sugli uomini, a cui sta partecipando una scienziata italiana vittima purtroppo nelle ultime ore di una brutta bufala.
OXFORD “VACCINO CORONAVIRUS A SETTEMBRE”
Gli scienziati dell’Università di Oxford per questo vaccino hanno applicato una tecnologia che è stata già sperimentata con successo su altri virus della famiglia dei coronavirus. Si punta alla produzione di anticorpi e a una copertura immunitaria a livello mondiale a partire da settembre. Nei giorni scorsi Bill Gates, miliardario co-fondatore di Microsoft, ha dato la sua disponibilità a coprire parte dei costi per la produzione del vaccino che sta sperimentando l’Università di Oxford. Ha pure precisato di aver già preso contatti con le autorità accademiche britanniche e con le più importanti case farmaceutiche mondiali. La sperimentazione sta producendo a vele spiegate, ma per la svolta servono risultati. Il vaccino, messo a punto dal Jenner Institute (dipartimento di virologia dell’Università di Oxford), non contiene proprio Sars-CoV-2, il virus che causa la malattia Covid-19, ma una piccola parte del suo genoma che è stato inserito in un virus differente ma non nocivo. In questo modo si evita la sua diffusione e si può fare in modo di attivare il sistema immunitario per proteggere l’organismo dal coronavirus.