Rino Rappuoli, uno dei massimi esperti internazionali di vaccini, è ottimista riguardo la realizzazione di un vaccino per il Coronavirus. Il direttore scientifico di Gsk vaccini al Corriere della Sera ha spiegato che nella migliore delle ipotesi sarà disponibile forse entro un anno. «Perché, più o meno, sappiamo come farlo e perché le tecnologie sono avanzate moltissimo». Una volta ottenuta la sequenza genetica del virus, si possono realizzare vaccini anche in una settimana, che però vanno usati solo in laboratorio e su modelli animali. Successivamente vanno provati nell’uomo. «E questo comporta due fasi, per una durata complessiva di almeno sei mesi». A che punto siamo? «Non escludo che alcuni possano iniziare le sperimentazioni preliminari sull’uomo anche fra poche settimane». E potrebbe essere prodotto allo stesso modo di quello dell’Ebola. «Quello che va fatto è sostituire il gene che codifica per la proteina del virus Ebola con un gene che codifichi per la proteina del nuovo Coronavirus». E Rappuoli spiega che c’è chi ci sta già lavorando. Ma ci sono altri vaccini che potrebbero essere pronti in fretta, come quelli a Rna. (agg. di Silvana Palazzo)
VACCINO CORONAVIRUS, CICCOZZI “NON IN MENO DI UN ANNO”
C’è grande attesa per l’arrivo di un vaccino contro il Coronavirus, un nemico ancora ignoto. Nei giorni scorsi erano giunte buone nuove dall’Israele dopo l’annuncio del ministro israeliano della Scienza e della Tecnologia, Ofir Akunis. Secondo le prime indiscrezioni, potrebbero servire tre settimane per la sua realizzazione e 90 giorni per la diffusione. I tempi per un possibile vaccino anti Coronavirus, dunque, rappresentano il punto principale sul quale si concentra attualmente l’attenzione degli esperti. Il lavoro su un possibile vaccino efficace è fittissimo da parte di molti studiosi in tutto il mondo. Ad esprimersi su questo tema è stato nelle ultime ore anche il professor Massimo Ciccozzi, che guida il team dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, il quale all’Adnkronos ha ribadito come non vi sia una risposta univoca rispetto a quando potremo accedere concretamente al vaccino. “Tutti rispondono in modo diverso”, spiega, “Anthony Fauci, che è un dei più grossi immunologi a livello mondiale, sta lavorando a un vaccino e ha detto che a fine aprile ci saranno i primi test sull’uomo”.
VACCINO CORONAVIRUS: TEMPI DI REALIZZAZIONE INCERTI
A differenza di quanto sostenuto dagli studiosi israeliani, che hanno parlato di tempi molto brevi sul piano della realizzazione di un vaccino anti Coronavirus, Ciccozzi ha invece commentato: “L’istituto di immunologia di Bethesda ha fatto un vaccino utilizzando informatica e biogenetica, non virus inattivati. Questa fase pre-clinica è stata molto veloce tanto che verso la fine di aprile inizieranno appunto le sperimentazioni sull’uomo, circa 20-25 volontari sani, per arrivare alla fase 4 che è la fase finale, quella della commercializzazione prevista per gennaio prossimo. In meno di un anno non si può fare un vaccino“. I 90 giorni annunciati per la sua distribuzione dagli israeliani, dunque, restano una mera utopia. Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Irccs Humanitas e docente di Humanitas University, alle porte di Milano ha commentato a Corriere.it il grande impegno da parte della comunità scientifica mondiale. “Anche l’Italia adesso deve fare la sua parte. Abbiamo testa e cuore per farcela”, ha asserito. Il suo pensiero è andato in particolare a “Rino Rappuoli di Siena che è il più grande esperto di vaccini al mondo” ma anche “Al fatto che un vaccino contro l’Ebola arriva da Pomezia. Al lavoro straordinario che stanno facendo al Policlinico di Milano Andrea Gori e Antonio Pesenti, Beppe Ippolito e Maria Capobianchi allo Spallanzani, Massimo Galli al Sacco e tanti altri. Al lavoro di tutti i medici e infermieri degli ospedali pubblici. Infaticabili. E alla capacità degli ospedali privati di collaborare. Io ho la fila di tecnici della ricerca pronti a passare dal microscopio ai laboratori di diagnostica e alle corsie”. Insomma, anche l’Italia è pronta per battere il virus ma, spiega Mantovani, “va finanziata la ricerca”.