Un recente scoperta getterebbe in cattiva luce il vaccino contro il covid ad mRna prodotto da Pfizer, aprendo anche qualche dubbio su quello di Moderna. Secondo un allarme lanciato dal professore in biologia molecolare Phillip Buckhaults davanti alla commissione per gli affari medici del Senato della Carolina del Sud, in America, i sieri prodotti per contrastare la pandemia del 2019/20 conterebbero piccoli frammenti di DNA potenzialmente dannosi per il genoma umano.
In merito al vaccino contro il covid, peraltro, il professore si è espresso sempre con elogi, anche davanti alla stessa commissione, spiegando che personalmente ha accettato di sottoporsi a tre inoculazioni, ribadendo che “ha salvato molte vite“. Sull’uso del mRna, similmente, il professore ritiene che sia una scoperta “rivoluzionaria”, che conserva e garantisce anche la possibilità di “curare i tumori”. Tuttavia, nonostante la sua posizione favorevole in merito al vaccino contro il covid e all’uso del mRna, Buckhaults in un recente studio ha rilevato come Pfizer potrebbe aver commesso una “stupida svista” in fase di progettazione, compiuta più per “incompetenza” che per un reale intento malvagio o con “premeditazione”.
L’allarme sul vaccino contro il covid ad mRna: “Contiene frammenti di DNA”
Arrivando all’allarme vero e proprio, secondo l’analisi che ha condotto il professor Buckhaults, il vaccino ad mRna contro il covid prodotto specificatamente da Pfizer, conterrebbe piccoli frammenti di DNA. “Esiste” pertanto, spiega, “un rischio molto reale” che quei frammenti possano integrarsi nel genoma delle persone sottoposte a vaccinazione, diventando un elemento “permanente della cellula” ed aprendo all’ipotesi che possa “interrompere un genoma soppressore del tumore, o attivare un oncogeno“.
In merito alla ragione per cui il vaccino contro il covid ad mRna contenga i suddetti frammenti, il professore spiega che la produzione si è svolta in due fasi. Nella prima, tramite Pcr Pfizer ha amplificato il modello di DNA al fine di produrre l’mRna, ottenendo quest’ultimo in accezione purissima. Tuttavia, data la necessità di accelerare la produzione e la lentezza del metodo Pcr, il colosso farmaceutico avrebbe utilizzato alcuni batteri per produrre plasmidi (ovvero molecole di Dna extracromosomico) poi utilizzati per creare più rapidamente l’mRna. A conti fatti, il vaccino contro il covid conteneva, in questa fase, sia mRna che Dna plasmidico, e seppur Pfizer ha pensato di tagliare quest’ultimo in frammenti, non sarebbe bastato per inattivare il suo potere genomico.