Un anno fa nessuno immaginava che cosa stesse per caderci addosso. Poche e vaghe notizie cominciavano a circolare dalla Cina, ma nessuno in Occidente avrebbe mai pensato di rimanerne coinvolto in una maniera così devastante. “È un Natale senz’altro diverso, pieno purtroppo di mestizia”, ci ha detto in questa intervista Francesco Castelli, ordinario di Malattie infettive all’Università degli studi di Brescia, già titolare della Cattedra Unesco e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie infettive: “chi ha perso dei familiari, chi ha perso il lavoro, chi è separato dai parenti. Natale significa vita, la speranza è rinascere alla vita dopo aver visto tanta morte. Personalmente chiedo con forza che il vaccino in arrivo, la nostra speranza, venga distribuito a tutti, ma dico proprio a tutti, dai ricchi ai più poveri. Questo vaccino deve trovare la strada verso i paesi più poveri, sarà la cartina di tornasole del nostro egoismo”.
Come è la situazione attualmente a Brescia?
Purtroppo la discesa dei casi è ancora molto lenta, diversamente da quanto accade a livello nazionale, dove il numero dei contagi dà qualche speranza. Noi abbiamo ancora un numero elevato di malati, anche se non come nella prima ondata, siamo tutti ancora molto coinvolti e impegnati, con malati anche gravi. Il numero dei decessi è sempre l’ultimo che viene dato nei telegiornali e vediamo che è sempre alto, centinaia ogni giorno, in tutta Italia.
Oggi, 27 dicembre, è il tanto atteso V-Day, il giorno di inizio delle vaccinazioni, anche se su un numero simbolico di persone. Su questo vaccino pesano tante incognite, dagli effetti collaterali alla durata dell’immunità. Cosa dobbiamo fare? Prendere quel che “passa il convento”?
Come infettivologo e sapendo cosa significa non essere vaccinati, non posso che essere a favore. Ho colleghi della mia età, sono piuttosto anziano, che hanno avuto la poliomielite da ragazzi, sono stato diverso tempo in Africa a occuparmi dell’Ebola, per cui so cosa voglia dire non essere vaccinati. Non posso che aver fiducia, una profonda, incondizionata fiducia nei vaccini. Questo non vuol dire che non ci possano essere degli effetti collaterali, ma di fronte a una pandemia di queste proporzioni è la comunità mondiale ad averne bisogno. La speranza è nel vaccino e nella scienza che c’è dietro.
Ci sono vaccini di diverso tipo che presto saranno disponibili. Ha fiducia in tutti?
Ci sono diversi modi di fare un vaccino. Questi di ultima generazione con tecniche modernissime hanno consentito di poter passare tutte le normali fasi e grazie alle nuove tecnologie è stato compiuto tutto in tempi minori. Il vaccino è efficace? Sì, lo dicono i dati. Quanto durerà questo vaccino? Non siamo in grado di dirlo, lo sapremo con il tempo, ma anche se così non fosse, cioè si rendessero necessarie vaccinazioni ripetute, va bene lo stesso. Ogni anno rifacciamo il vaccino dell’influenza. Scienza ed esperienza personale mi dicono che non posso che essere sereno e appena verrà il mio turno sarò molto contento di farlo.
Lo scorso Natale eravamo ignari di quello che ci sarebbe piovuto addosso. Questo è un Natale in piena pandemia. Come operatore sanitario, che significato assume questo Natale di mestizia e dolore?
Nel mondo occidentale, lo dice il nome stesso, il Natale è un momento di vita, è la vita che nasce. Per i credenti, ma anche per i non credenti. È sempre un nuovo inizio. Quest’anno speriamo di rinascere alla vita dopo aver visto tanta morte. Certo, è un Natale triste nelle case dei medici, delle famiglie che hanno avuto qualcuno malato che non è più tornato a casa, un Natale con sedie vuote intorno al tavolo. Un Natale di mestizia però è sempre Natale. Il mio pensiero va a queste persone, a chi non ce l’ha fatta, in secondo luogo ai familiari e poi ai miei colleghi e agli infermieri, infine alle persone che in qualche modo hanno sofferto, come chi ha perso il lavoro. Ognuno, nell’intimità della propria casa, lo toccherà con mano.
Un momento di riconciliazione tra vita e morte, che sono la realtà in cui siamo immersi e che avevamo fatto finta di dimenticare?
Mi auguro anche che sia un Natale che faccia calare il tono delle parole e delle polemiche che ci stanno ammorbando, affinché si trovi il modo di dire: andiamo avanti tutti insieme. E soprattutto che questo vaccino possa trovare la strada dei paesi meno ricchi, che a tutte le persone, dai ricchi ai più poveri, possa essere messo a disposizione, senza dimenticare nessuno.
(Paolo Vites)