Sappiamo che i vaccini arrivati probabilmente sono in quantità inferiore a quanti se ne attendevano. Ma finalmente ci sono e, in tutta Europa il 27 dicembre è scattato il V-Day, al netto delle polemiche degli ultimi giorni.

In Italia, probabilmente, permane ancora una certa delusione, perché il vaccino italo-inglese in preparazione a Pomezia da AstraZeneca è stato ampiamente surclassato da ben due vaccini statunitensi. Sono stati tanti i fattori che hanno gettato ombre su quello che fino a poco tempo prima era considerato il candidato più promettente. Dubbi degli esperti dopo errori di comunicazione, poca trasparenza, incidenti nei test.



Ma i dubbi sull’efficacia e sulla necessità di vaccinarsi non sono ancora cessati tra la gente e la domanda su quando e come convenga vaccinarsi è sulla bocca di tutti. Tanto più perché si sente parlare dei vaccini americani come di vaccini totalmente innovativi, che utilizzando Dna e Rna, introducono mutazioni ad alto rischio: come sempre fake news si mescolano a informazioni corrette.



Meccanismo di azione totalmente innovativo

La BioNTech, partner della Pfizer, stava studiando da tempo una tecnologia a base di mRna per sviluppare cure contro il cancro e alcune rare malattie genetiche. Quando la pandemia ha iniziato a diffondersi, i ricercatori hanno cercato di adattare la loro ricerca al profilo genetico del virus responsabile della Sars-CoV-2, già sequenziato in diversi laboratori del mondo. La tecnologia usata si basa sulla sequenza genetica del virus, considerato come un agente patogeno con un tasso di mutazioni molto basso. Anziché produrre virus depotenziati, vettori virali o proteine con caratteristiche analoghe a quelle virali, ci si concentra esclusivamente sulle sequenze di Rna, processo più semplice ed economico, facilmente replicabile in più laboratori, trasferibile anche ad altri bersagli e utilizzabile anche quando occorre prendere di mira più antigeni. Il vero problema è legato alla catena del freddo, perché l’Rna è instabile e deve essere conservato a temperature di almeno -70°C. Questo potrebbe comportare una serie di problemi di ordine tecnico e logistico.



L’efficacia dei due vaccini americani anti-Covid, come quelli di Pfizer e Moderna, è ormai suffragata da dati scientifici e dal parere positivo degli enti regolatori, che ne garantiscono l’efficacia oltre il 95%. Con i nuovi vaccini si spera di essere ad un punto di svolta nella lotta globale alla pandemia. Ma la rivoluzione tecnologica su cui si basano ha bisogno di essere spiegata con un vero e proprio lavoro di educazione scientifica, che raggiunga un po’ tutti, coinvolgendo il mondo intero con le sue culture, i suoi pregiudizi, le sue paure e le sue legittime attese. Solo così sarà possibile ottenere un’adesione libera e consapevole, almeno in Italia, dove non si vuole rendere obbligatorio il vaccino, ma ci si aspetta quel livello di immunità di gregge che si raggiunge solo se si vaccina il 95% della popolazione.

Per questo forse vale la pena chiedersi in cosa consista la nuova tecnologia a base di mRna, il famoso Rna messaggero: si tratta del materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine. Di norma l’mRna trasporta le informazioni genetiche codificate dal Dna nel nucleo della cellula fino al citoplasma cellulare, dove queste istruzioni sono utilizzate per creare gli aminoacidi, i mattoncini con cui si formano le proteine. Questo processo serve a costruire, riparare e mantenere le nostre fondamentali funzioni biologiche: il nostro corpo lo sa fare, e lo fa in continuazione. Un vaccino a mRna come quello sviluppato da Pfizer e BioNTech, o come quello dell’altra casa farmaceutica, Moderna, contiene la “ricetta” per creare le proteine principali, come la proteina Spike, che permette al coronavirus Sars-CoV-2 di entrare nelle cellule. La proteina Spike, prodotta in questo modo, è sufficiente a stimolare la produzione di anticorpi. La Spike da sola, senza il resto del virus, è innocua, ma riesce comunque ad attivare il sistema immunitario e a indurlo a produrre anticorpi. Per cui se una persona vaccinata dovesse “incontrare” il coronavirus Sars-CoV-2, i suoi anticorpi riconoscerebbero la proteina Spike e agirebbero di conseguenza. Il che significa che il nostro sistema immunitario, riconoscendo la proteina Spike, attaccherà il virus prima che provochi l’infezione.

Si tratta di una metodologia molto diversa da quella tradizionale su cui si basano vaccini come quello messo a punto da AstraZeneca, che invece sfrutta un adenovirus, virus che causa il raffreddore, a cui viene cambiata l’informazione genetica per stimolare una risposta immunitaria. Questa strategia è di fatto meno efficace rispetto al vaccino a mRna, perché quest’ultima fa sì che sia il nostro stesso corpo a produrre le proteine “bersaglio”, senza bisogno di virus né di sue parti, neppure depotenziate.

Qualche perplessità

Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bio-emergenze dell’ospedale Sacco di Milano, intervenuta varie volte durante questo lungo tempo di pandemia con posizioni decisamente controcorrente nel dibattito, lancia un monito sui rischi che potrebbero derivare da un vaccino anti-Covid come quello di Pfizer e Moderna, puntando su tre elementi. Prima di tutto, “si tratta a tutti gli effetti di una terapia genica”; secondo, ulteriore, elemento di perplessità è il fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in collaborazione con la Commissione europea, ha deciso di abbreviare le fasi della sperimentazione per arrivare in tempi più rapidi al vaccino contro il coronavirus Sars-Cov-2 di cui il mondo ha bisogno, soprattutto in vista di una possibile terza ondata di Covid-19; infine, ben venga un vaccino anti-Covid in tempi rapidi, ma dobbiamo essere certi del suo profilo reale di efficacia e tollerabilità e questo potrà avvenire solo con una valutazione a lungo termine, dopo una somministrazione effettuata con un iter rigoroso, e monitorata con un follow up che si prenda tutto il tempo che deve.

Ma le perplessità non sono legate solo ai tempi troppo brevi dell’approvazione Oms al vaccino o al suo meccanismo d’azione. In Italia il rischio più grave è quello legato al modello organizzativo della distribuzione, al netto delle chiacchiere e della propaganda televisiva, di stampo decisamente filo-governativo. Tanto per cominciare sembra che ci sia stato un arrivo eccessivamente contingentato di vaccini, soprattutto rispetto ad altri Paesi europei; una loro distribuzione disuguale sul territorio nazionale, con la conseguenza che sembra aumentata la disparità tra le regioni, tra i gruppi sociali eccetera. Non è da sottovalutare l’incredibile gaffe di Domenico Arcuri, l’uomo di questo governo buono per tutti i ruoli e per tutte le iniziative, dai banchi a rotelle alla sanità calabrese! Le prime vaccinazioni, effettuate il 27 dicembre, per il commissario all’emergenza sono solo somministrazioni “simboliche”. L’Ungheria è partita in anticipo, la Germania ha già ricevuto 150mila dosi, ma l’Italia meno di 10mila. In Italia siamo, secondo Arcuri, alle “dosi simboliche” in un contesto caratterizzato ancora da grande confusione burocratico-organizzativa. Ogni cosa che questo governo fa, ha valore quasi esclusivamente sul piano della comunicazione televisiva, con lo show televisivo che esaspera il gap tra fatti e parole.

Oggi come oggi non ci preoccupa tanto che qualcuno stenti ancora a volersi vaccinare; il timore è che restino senza vaccino tante, tantissime persone che invece vorrebbero vaccinarsi, ma che per il consueto caos organizzativo non riescono a farlo nei tempi e nei modi desiderati…

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