Quanto sarà davvero sicuro il vaccino contro il Covid? E’ questa la domanda che in questo momento si pone il mondo intero. Quello realizzato è qualcosa di storico dal momento che si tratta di un vaccino messo a punto in dieci mesi, contro la media di 8 anni. Metà dei cittadini Usa ha già fatto sapere attraverso i sondaggi di non essere intenzionata a vaccinarsi ed anche una buona fetta di italiani sarebbe su questa scia. Lo stesso Crisanti ha asserito, come rammenta Repubblica: “Senza dati a disposizione, io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio. Vorrei essere sicuro che questo vaccino sia stato opportunamente testato e che soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia. Ne ho diritto come cittadino e non sono disposto ad accettare scorciatoie”. Il dibattito in effetti è in atto sin dall’inizio della pandemia e chiama in causa anche l’uso politico della ricerca sul Covid anche se l’Ema ha chiarito che tutti i vaccini contro il Covid saranno valutati con i medesimi criteri di sicurezza di ogni altro nuovo prodotto farmaceutico. Sono tre le fasi di sperimentazione richieste per ciascun vaccino e all’ultima fase dei test sono attualmente arrivati 12 candidati, di cui due hanno già annunciato i risultati sull’efficacia (Pfizer-BioNTech e Moderna) trasmettendo i dati all’Ema e all’Fda contenenti “le informazioni su ciascun volontario, ovviamente in forma anonima”, ha spiegato Antonio Clavenna, ricercatore del dipartimento di salute pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano, “C’è scritto se per esempio ha avuto la febbre o dolore al braccio e se ha avuto bisogno di cure particolari”. Solo dopo un paio di mesi di analisi da parte delle autorità il vaccino può ottenere l’autorizzazione per essere immesso sul mercato. Tuttavia, spiega Clavenna, “sarebbe opportuno rendere i dati il più possibile disponibili a tutti” anche per spazzare via ogni dubbio in tema di sicurezza.



VACCINO COVID SARÀ SICURO? PAURA EFFETTI COLLATERALI

In merito alla sicurezza dei vaccini Covid non mancano le cautele ma non sono comunque da sottovalutare gli eventuali effetti collaterali. Solitamente nella fase sperimentale accade in una sperimentazione su tre e per il Covid è accaduto a due aziende, la Johnson & Johnson e AstraZeneca che a settembre hanno interrotto temporaneamente le somministrazioni dopo i problemi trapelati in due volontari. L’Ema nelle sue linee guida rammenta che eventi avversi spesso tendono a verificarsi nei primi giorni dalla somministrazione. Per questo i volontari sono sottoposti a controlli costanti per una settimana dopo ogni dose. Nel caso di Moderna sono stati arruolati 100 ospedali negli Usa impegnati a seguire 40 mila volontari. La somministrazione a tutti i cittadini non avverrà prima che siano passati 2 mesi dall’ultima iniezione all’ultimo volontario. Clavenna fa comunque sapere che “ci sono eventi avversi che si possono sviluppare anche dopo”, con riferimento soprattutto alla spesso citata sindrome di Guillain-Barré, infiammazione dei nervi che può portare a problemi nel movimento degli arti. “Si tratta di un evento molto raro, ma effettivamente può comparire anche alcune settimane dopo la vaccinazione”, ha spiegato l’esperto. Anche per questo l’Ema ha chiesto l’adozione di meccanismi di farmacovigilanza in grado di raccogliere le segnalazioni sugli effetti collaterali. Inoltre un campione di persone vaccinate sarà visitato periodicamente per controllare stato di salute e durata degli anticorpi contro il Covid. Questo follow up durerà almeno un anno. I rischi, dunque, ci sono e non potrebbe essere altrimenti dal momento che la pandemia ha già provocato oltre un milione di morti.

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