È stato siglato ufficialmente l’accordo fra il governo e le regioni per il coinvolgimento dei medici di base nel piano di vaccinazione nazionale. L’accordo rappresenta una cornice all’interno della quale si inseriscono gli accordi già siglati dalle singole regioni per fissare tempi, modalità e logistica della somministrazione del vaccino attraverso la rete territoriale. La metà delle regioni è già pronta con il piano e la partenza è imminente. I tempi seguiranno l’oscillazione delle disponibilità effettive dei vaccini regione per regione. Il coinvolgimento della medicina territoriale è comunque un traguardo a lungo auspicato, che va in entrambe le direzioni indicate dal governo Draghi per la sanità: il completamento della vaccinazione di massa e la prossimità territoriale. Ce lo spiega in questa intervista Alberto Oliveti, presidente Enpam (Ente nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici).
È stato siglato l’accordo con il governo per il coinvolgimento dei medici di base nella campagna di vaccinazione. Quali i tempi e i metodi?
Il protocollo d’intesa è stato firmato domenica 21 febbraio, ma è un accordo cornice all’interno del quale si muovono gli accordi regionali. Metà delle regioni hanno l’accordo regionale già siglato. La platea di soggetti da vaccinare a carico dei medici di medicina generale varia per età e condizioni di salute dei pazienti, ma ci sono altri fattori come la disponibilità dei vaccini e le modalità logistiche per la loro conservazione e somministrazione. Sostanzialmente sono gli accordi regionali che poi declinano bene le modalità, le fasce di riferimento e l’approvvigionamento delle dosi.
Qual è l’obiettivo?
Vaccinare 5 milioni di persone. Si pensa di farlo con quei vaccini che necessitano di una garanzia sul freddo riferita alle normali temperature con le quali vengono conservati anche i vaccini antinfluenzali.
Quindi AstraZeneca?
Credo sia questo il vaccino da valutare.
Su cui purtroppo si è creata una perplessità diffusa.
Io parto da questo presupposto: vaccinare è meglio che non vaccinare, il virus ha le gambe delle persone, cercare d’interromperlo in questa trasmissione è fondamentale, al di là della salute personale. Sulla salute personale si è visto che gli studi fatti su questo vaccino in teoria meno performante, AstraZeneca, in realtà sono studi fatti anche su coloro che avevano ricevuto il vaccino il giorno prima, quindi è verosimile che le percentuali di efficacia siano effettivamente superiori. In ogni caso anche percentuali d’efficacia che non arrivano al 95-96% come quelle di Pfizer e Moderna, servono a ridurre l’indice Rt.
E l’effetto individuale?
Individualmente pare sia abbastanza evidente che riducono anche la gravità dell’evoluzione della patologia. Anche se sembra meno performante, non è così meno performante da non giustificare la campagna regionale.
Il piano nazionale suggella i vari piani regionali: qual è la sua utilità?
Serve anzitutto a coprire un’ulteriore fascia della popolazione. Adesso nella vaccinazione nazionale si sta passando dagli operatori sanitari agli ultraottantenni, al personale di pubblica sicurezza e ai docenti, però per estendere la campagna a tutta la popolazione è necessaria l’azione capillare della medicina generale, sia intesa come rete degli studi di medici di famiglia che come rete di continuità assistenziale. Direi che è una campagna che estende la potenzialità e il margine di copertura, partendo dall’evidenza che è necessario essere il più rapidi ed estensivi possibile nel garantire il vaccino agli italiani.
Tutti gli studi di medici di base sono in grado di garantire la vaccinazione?
Per gli studi dei medici di base che possono non garantire l’operatività della somministrazione del vaccino Covid (e non sono la maggioranza, perché negli studi già si svolge l’antinfluenzale), il vaccino si potrà fare o a domicilio o in strutture territoriali già operative. In questo modo si amplifica anche la rete dei somministratori.
Questi medici sono stati già vaccinati per l’85% e quindi opereranno in sicurezza?
Certo, è fondamentale proteggere i vaccinatori.
E la vaccinazione si va ad aggiungere alle normali attività svolte dai medici di base?
Sì, queste attività si vanno ad aggiungere, esattamente come si aggiunge la vaccinazione antinfluenzale, che viene remunerata per una cifra di circa sei euro a vaccino. Analoga cifra è quella che orientativamente sarà prevista per la vaccinazione anti-Covid.
Si verrà convocati nella regione di appartenenza?
L’assistenza primaria, che è la parte più importante della medicina generale, è fatta di un rapporto fiduciario. Ognuno avrà il suo medico di scelta che potrà somministrare il vaccino, è un rapporto non solo regionale ma domiciliare, fa riferimento al domicilio del cittadino, che potrà recarsi nello studio del suo medico curante o, se è impossibilitato a muoversi, contattare il medico curante per fare la vaccinazione a casa.
È stato già definito un ordine di convocazione?
Gli accordi regionali, per evitare sovrapposizioni, dovranno definire anche le platee da vaccinare, ma credo che qui stiamo parlando, in logica prioritaria, di ultraottantenni, operatori scolastici, operatori delle forze dell’ordine e di pubblica sicurezza, e poi, nell’ambito degli studi medici, quei pazienti che i medici curanti, nel rapporto fiduciario di conoscenza dei pazienti stessi, potranno identificare come bisognosi di una rapida copertura.
Quindi si seguirà lo stesso ordine di priorità previsto dal piano nazionale?
A meno che l’accordo regionale, già definito o in via di definizione, non identifichi ulteriori platee.
I piani regionali sono tutti diversi fra loro?
Certo, ogni regione ha il suo accordo che sostanzialmente serve per permettere un adattamento anche organizzativo alla campagna vaccinale.
Intanto i vaccini Pfizer già comprati continueranno a essere somministrati?
Sicuramente, con le stesse modalità della prima fase.
I vaccini coi medici di base invece quando partiranno?
Credo che se gli accordi regionali sono già sottoscritti possono partire rapidamente, il tempo di approvvigionare gli studi medici dei vaccini e del materiale necessario per le vaccinazioni; e per sottoporre l’accordo alle corrette modalità di registrazione. Ci dovrà essere una piattaforma per l’anagrafe vaccinale. Garantito questo, ogni regione potrà partire il prima possibile.
Le persone con malattie croniche avranno priorità? E di quali malattie si parla?
Qualunque malattia: diabete, malattie cardiovascolari croniche, anche se escluderei le patologie molto diffuse ma non particolarmente invalidanti, come ad esempio la tiroidite di Hashimoto. Sta sempre alla valutazione del medico, parliamo anche di multicronicità, più malattie croniche che combinandosi rendono il soggetto più esposto. Ci sono pazienti anziani ma soli, pazienti con pluripatologie, cardio o cerebrovascolari, con disturbi cronici come l’ipertensione severa. Anche un semplice soggetto sovrappeso con segni di patologia da sovraccarico (colesterolo, glicemia), è un soggetto che potrebbe essere più a rischio in caso di infezione, perché l’affezione di patologie contemporanee potrebbe aggravare lo stress respiratorio.
E naturalmente le malattie respiratorie.
È intuitivo: la broncopatia cronica ostruttiva, l’asma cronica eccetera. Teniamo conto che la patologia della malattia conclamata da Covid è una patologia anche cardio-vascolare, coagulativa, cerebrale, e interessa in modo severo anche organi come fegato, pancreas, reni. Quindi, al di là del mero rilievo anagrafico, ci sono tanti fattori da considerare.
L’accordo, che rientra in una strategia complessiva del governo, in che misura potrà contribuire ad accelerare il progresso della vaccinazione?
Io penso che la platea dei soggetti da sottoporre a vaccinazione con la medicina generale possa arrivare a interessare 5 milioni di abitanti, un aiuto importante. Credo che questo piano possa contribuire a quella capillarità del rapporto che fa parte della prossimità delle cure mediche, identificata da Draghi come uno dei cavalli di battaglia.
Cioè?
Draghi ha espresso due priorità per la sanità: completare la campagna vaccinale e realizzare la prossimità territoriale. Questo piano va in un senso e nell’altro. Tutto dipende però dalla disponibilità dei vaccini e dalla velocità con cui si opererà. È chiaro che, come ha detto anche il ministro Speranza, che ho incontrato sabato scorso, questa intesa tra governo e regioni, nel caso della medicina generale, sfrutta la capillarità e il rapporto di fiducia. È la migliore occasione di contatto per selezionare anche quelle priorità che gli schemi generali, legati all’età e allo stato di malattie riconosciute o alle professioni, possono da soli non completare.
Facendo una stima realistica, quando finiremo di vaccinare almeno quel 70% della popolazione che ci consentirebbe di raggiungere l’immunità di gregge?
Consideri che Israele, che è una nazione molto operativa ma anche molto più piccola, sta già lanciando segnali di enorme soddisfazione per aver vaccinato quasi il 50% della popolazione, stiamo parlando di nove milioni di abitanti. La Gran Bretagna, che ha lanciato la campagna, ha vaccinato un terzo della popolazione, ma lì c’è un lockdown serrato. Non sono in grado di avventurarmi in anticipazioni, ma è certo che stiamo utilizzando tutte le cartucce a nostra disposizione. Il collo di bottiglia oggi è soprattutto la disponibilità dei vaccini.
Il problema dei vaccinatori intanto è stato risolto.
Esatto, reclutare i medici di famiglia è stata una mossa intelligente: capillarità e fiducia garantiscono prossimità alle cure. Detto questo, ci vogliono le cartucce.
Si è parlato anche del vaccino di Johnson & Johnson, che non richiede una conservazione complessa.
Ben contento se arriverà, ma ancora non arriva. Per un medico il problema non è somministrare un vaccino o l’altro, ma averne, e avere anche gli strumenti gestionali, col personale addetto, che deve essere protetto e avere gli stessi dispositivi di protezione che ha il medico: anche questi dispositivi vanno forniti. Ci vuole una minima rete organizzativa, è una rete che funziona già sulla vaccinazione antinfluenzale e a maggior ragione dovrà funzionare sul Covid.
Una rete che idealmente dovrebbe anche controllare lo svolgimento corretto di conservazione e somministrazione?
Su questo sono abbastanza fiducioso, perché la vaccinazione dei medici generali sull’antinfluenzale ha sempre funzionato. Il problema è più la gestione organizzativa, la gestione anche di un’anagrafe vaccinale, perché se perdessimo traccia dei vaccini somministrati sarebbe un problema. Serve tempo insomma. Io come medico mi sono vaccinato e fra l’attesa, i doverosi adempimenti burocratici e la vaccinazione ho impiegato un’ora.
(Emanuela Giacca)
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