Due studi suggeriscono che le infezioni Covid in chi ha fatto il vaccino generano una migliore protezione immunitaria contro le varianti del virus e quindi anche contro Omicron e la sottovariante Omicron 2. Come riporta uno studio pubblicato su “Nature”, i ricercatori hanno dimostrato che le persone che hanno contratto SARS-CoV-2 e sono state in seguito sottoposte alla vaccinazione, producono elevati livelli di anticorpi contro la proteina spike del virus. Il siero sanguigno di questi individui – che contiene anticorpi – blocca una gamma diversificata di varianti di SARS-CoV-2 e lo fa in modo più efficace rispetto ai vaccinati mai infettati e ai non vaccinati, la cui immunità deriva solo da un’antecedente infezione.



Il microbiologo Fikadu Tafesse della Oregon Health & Science University di Portland e i suoi colleghi hanno analizzato il siero di tre gruppi di operatori sanitari: i vaccinati e guariti da infezioni avevano livelli più alti di anticorpi contro la proteina spike rispetto a chi è protetto solo dal preparato anti-Covid. Questi risultati coincidono con uno studio Cell del 19 gennaio, condotto dai biologi strutturali Alexandra Walls e David Veesler all’Università di Washington a Seattle e che ha rivelato che i livelli sierici di anticorpi utili a stoppare le varianti, tra cui Omicron, erano più alti e persistevano più a lungo in chi ha avuto il Covid ed è vaccinato.



VACCINO E COVID: “ESSERE ESPOSTI PIÙ VOLTE AL VIRUS È LA CHIAVE DI TUTTO”

I ricercatori, secondo quanto riportato su “Nature”, suggeriscono che il numero di volte in cui le persone sono esposte al Covid, attraverso il vaccino, l’infezione o entrambi i fattori, è un elemento determinante nella qualità della loro risposta anticorpale. In particolare, hanno scoperto che otto individui i cui sistemi immunitari avevano “incontrato” la proteina spike del Coronavirus quattro volte (una volta durante il contagio nel 2020 e poi in occasione di tre vaccinazioni separate) generavano risposte anticorpali particolarmente forti contro diverse varianti.



Danny Altmann, immunologo dell’Imperial College di Londra, sostiene che sarà importante confrontare le infezioni causate dalle diverse varianti: gli attuali vaccini sono basati sulla proteina spike della versione del virus identificata per la prima volta a Wuhan nel 2020 e le risposte immunitarie indotte dal siero dopo un’infezione di svolta cambieranno probabilmente da variante a variante.