Le prime indicazioni che arrivano dalla sperimentazione sui volontari tra i 18 e i 55 anni del candidato vaccino italiano Grad-Cov2, resi noti dalla ReiThera, la società di Castel Romano che sta portando avanti la sua sperimentazione insieme allo Spallanzani di Roma, “sono un raggio di sole in queste settimane così dure – spiega Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” – e premiano il lavoro svolto in questi mesi da un gruppo di ricerca di altissimo livello”. Insomma, un vaccino sicuro che induce una consistente risposta immunitaria, con la produzione di anticorpi neutralizzanti specifici e con l’attivazione di una forte risposta da parte dei linfociti T. Ora si dovranno attendere i dati dei volontari di età superiore ai 65 anni per poter pianificare con ReiThera le fasi 2 e 3 della sperimentazione. “Ci conforta sapere – aggiunge Ippolito – che per altri vaccini che utilizzano la stessa tecnologia del vettore virale, e per i quali hanno iniziato la sperimentazione prima di noi, sono stati annunciati nei giorni scorsi dati molto incoraggianti sulla capacità di questo tipo di vaccino di proteggere dal virus”.



Il candidato vaccino ReiThera-Spallanzani si può definire un vaccino anti-Covid tutto italiano? In cosa consiste?

Il vaccino Grad-Cov2 prodotto da ReiTHera e in fase di sperimentazione presso lo Spallanzani e a Verona, è stato sviluppato in Italia, da ricercatori italiani, nel distretto industriale di Pomezia-Castelromano a sud di Roma, e prodotto in Italia. La sperimentazione è finanziata con soldi pubblici, per l’esattezza dalla Regione Lazio e dal ministero della Ricerca, soldi che copriranno unicamente la realizzazione della fase 1. Aggiungo che lo Stato italiano avrà il diritto di precedenza sull’utilizzo di questo vaccino. Stiamo parlando di un progetto che, insieme a quello per lo sviluppo degli anticorpi monoclonali portato avanti dal gruppo di Rino Rappuoli a Siena in collaborazione sempre con lo Spallanzani, colloca l’Italia nella geografia della ricerca medica di alto livello. Se poi a qualcuno – giornali, trasmissioni tv, siti di gossip – tutto ciò non basta per dire che questo è un vaccino italiano, pazienza, ce ne faremo una ragione.



Che risultati sta dando in termini di efficacia e di sicurezza?

Le prime indicazioni che arrivano dalla sperimentazione sui volontari tra i 18 e i 55 anni ci dicono che questo vaccino è sicuro e induce una consistente risposta immunitaria, con la produzione sia di anticorpi neutralizzanti specifici che con l’attivazione di una forte risposta da parte dei linfociti T. A breve avremo anche i dati dei volontari di età superiore ai 65 anni, e potremo così pianificare con ReiThera le fasi 2 e 3 della sperimentazione, in linea con i tempi stabiliti. Ci conforta sapere che altri vaccini che utilizzano la stessa tecnologia che usiamo noi, quella del vettore virale, e che hanno iniziato la sperimentazione prima di noi, hanno annunciato nei giorni scorsi dati molto incoraggianti sulla capacità di questo tipo di vaccino di proteggere dal virus.



Rispetto ad altri vaccini, come quello di Pfizer o Moderna o AstraZeneca, è però in una fase anteriore. Quando sarà disponibile?

Nella sperimentazione di un vaccino l’imprevisto è sempre in agguato, ma in linea di massima direi che fine estate o inizio autunno del 2021 è una previsione accettabile. Vorrei dire che quella per il vaccino non è una corsa dove chi arriva per primo copre l’intero mondo; se così fosse, non ci sarebbero oggi in tutto il mondo una sessantina di candidati vaccini in fase di sperimentazione sull’uomo, e centinaia in fase preclinica, oltre ai tre che nei giorni scorsi nei comunicati stampa hanno fatto a gara a chi ha più efficacia protettiva (in termini di casi nei vaccinati rispetto ai controlli non vaccinati), magari anche con inconfessabili retropensieri economici legati agli andamenti azionari dei titoli. Io sono dell’idea che sarà necessario avere più vaccini, e di diverse tipologie, sia perché sarà necessario vaccinare miliardi di persone per poter pensare di sconfiggere definitivamente il virus, sia perché non è detto che un solo tipo di vaccino possa andar bene per tutti: magari andando avanti con le sperimentazioni scopriremo che per alcune tipologie di persone – gli anziani, i bambini, gli immunocompromessi, specifici gruppi etnici – alcuni vaccini funzioneranno meglio di altri.

È plausibile, come dice Anthony Fauci, che il primo vaccino verrà distribuito anche in Italia a metà dicembre?

La riunione della commissione Fda è prevista per l’11 dicembre, e Fauci ha recentemente dichiarato che i primi vaccini Moderna potrebbero essere resi disponibili negli Usa tra il 12 e il 15 dicembre. Subito dopo potrebbe essere il turno dell’Europa. Direi quindi che se non lo troveremo sotto l’albero, il vaccino potremmo averlo dopo la Befana. Ma non enfatizzerei troppo la data di inizio della vaccinazione: è la data di conclusione quella che mi interessa di più, e soprattutto quello che c’è in mezzo: un programma di vaccinazione di massa che comporterà – che comporta già da oggi – un enorme sforzo organizzativo e logistico.

La vaccinazione anti-Covid va resa obbligatoria?

Questa è una domanda che andrà riproposta se e quando si sarà completata la vaccinazione delle persone che dovranno avere la priorità e quella successiva dei tantissimi che si accalcheranno per vaccinarsi, perché vedono finalmente la concreta possibilità di uscire dall’incubo in cui ci troviamo da dieci mesi. Più che la costrizione conta la convinzione a vaccinarsi, e quindi è fondamentale una campagna di comunicazione pubblica che spieghi chiaramente quali sono i vantaggi e i rischi – minimi, ma ci sono anche quelli – del vaccino. Ben vengano, quindi, le discussioni pubbliche e anche le polemiche sulla necessità di maggiore trasparenza nella comunicazione dei dati clinici, sui meccanismi di distribuzione, sulle priorità da seguire nella vaccinazione, sull’opportunità o meno di derogare, in una fase così particolare, alla disciplina sulla tutela della proprietà intellettuale. Sono temi che, anche se spesso molto tecnici, riguardano tutti, e vanno discussi apertamente e pubblicamente, soprattutto in un paese come il nostro, dove nel recente passato molte forze politiche anche di governo hanno apertamente e sciaguratamente avversato questo fondamentale strumento di salute pubblica.

Il fisico Roberto Battiston propone di partire con la vaccinazione dei giovani liceali. Che ne pensa?

Sa quanti under 20 sono morti a oggi in Italia di Covid-19? Dodici. Sa quanti ultrasettantenni? Circa 43mila. Lei chi comincerebbe a vaccinare? Solo dopo aver protetto le categorie più a rischio per età, fragilità sanitaria, occupazione, potremo considerare l’immunizzazione dei giovani, che sono coloro che più facilmente portano il virus all’interno delle mura domestiche a causa dei molteplici contatti sociali.

Sullo stato di avanzamento e sulle problematiche legate ai vaccini lei parteciperà a un webinar venerdì 27 novembre. A quali domande cercherà di rispondere il webinar?

Il webinar si svolgerà a partire dalle 19 sulla pagina Facebook dello Spallanzani e avrà come titolo “Vaccini: all’incrocio tra scienza, politica ed economia”. Mi affiancheranno Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, e Rino Rappuoli, Chief Scientist dell’area vaccini della multinazionale Gsk. Insieme cercheremo di dare una visione a 360 gradi sul tema, partendo naturalmente dagli aspetti scientifici – cos’è un vaccino, come lo si produce, quali tecnologie si utilizzano, che cosa sono gli anticorpi monoclonali – a quelli logistico-organizzativi, per arrivare a temi politici ed economici che sembrano estranei al discorso scientifico, ma che lo influenzano profondamente. In una fase come quella attuale, il vaccino contro il Sars-CoV-2 può avere un impatto enorme sull’economia mondiale e spostare l’asse geopolitico del pianeta.

(Marco Biscella)

Leggi anche

VACCINI COVID/ Dalla Corte alle Corti: la neutralità che manca e le partite aperteINCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.INCHIESTA COVID BERGAMO/ Quella strana "giustizia" che ha bisogno degli untori