L’Italia è tra i pochi paesi al mondo che può creare e produrre un vaccino completamente in autonomia e senza dipendere dall’estero. A beneficio dell’economia italiana, la produzione di un vaccino in loco, frutto della ricerca nostrana, porterà un punto di Pil in caso di successo.

È arrivato infatti il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) al prodotto dell’azienda monzese Rottapharm Biotech, che lavora in collaborazione con la società biotecnologica romana Takis. Le fasi 1 e 2 di Covid-eVax partiranno dal 1° marzo e i primi risultati su sicurezza e immunogenicità si avranno dopo circa tre mesi, quindi più o meno all’inizio di giugno.



La tecnologia del vaccino è innovativa: il prodotto è basato su un frammento di Dna iniettato nel muscolo che promuove la produzione di una specifica proteina, la Spike, del virus. In questo modo viene a crearsi una forte risposta immunitaria in grado di azzerare la trasmissione del contagio.

Nessuno al mondo aveva ancora provato la tecnica dell’elettroporazione (strumenti tutti italiani, creati da Igea), che con lievi e brevi stimoli elettrici apre i pori delle cellule e favorisce il passaggio del Dna. Si badi che tale processo non genera effetti collaterali.



Ulteriore elemento di positività è che con questo procedimento le varianti non saranno più un problema e il vaccino potrebbe essere riprogrammato con estrema facilità.

Secondo Lucio Rovati, presidente e direttore scientifico di Rottapharm Biotech, verranno testate “varie dosi del vaccino per capire quella migliore o le migliori due in grado di dare la più efficace risposta immunitaria”. In estate si concluderanno praticamente le due fasi di sperimentazione e si partirà con la fase tre, che interesserà Italia, Stati Uniti, Sudamerica e molti paesi in Europa e in Asia.

In base a questa tempistica, la produzione inizierà a fine 2021 e si partirà con la somministrazione di massa nel 2022. Le simulazioni di questo programma porterebbero il nostro paese a ottenere in sei mesi l’immunità di gregge, il che darebbe all’Italia respiro e consentirebbe di esportare, in seconda battuta, un prodotto monodose e ad alta tecnologia.



Si renderà necessaria, però, una completa sinergia tra Stato e aziende del settore farmaceutico, oltre alle strutture sul territorio. Nella nuova concezione economica la capacità di resistere a emergenze di questo tipo eviterà in futuro di subire blocchi produttivi. Non per nulla lo stesso Draghi ha fatto comprendere come questo tema sia centrale nella sua agenda di lavoro.

Solo un paese autonomo da un punto di vista sanitario avrà la possibilità di gestirsi in un prossimo futuro, che resta a forte rischio pandemico a causa della popolazione sempre più numerosa e soprattutto della continua trasformazione degli ecosistemi a causa dell’azione antropica.

L’industria spaziale, altamente specializzata nel contenimento sanitario, lavora in totale sintonia con le varie anime economiche che finora hanno svolto un ruolo corollario. Le simulazioni economiche hanno stabilito quanto sarà fondamentale la risposta sanitaria degli Stati, soprattutto nella velocità di esecuzione, in parallelo all’efficacia del sistema sanitario. Gli investimenti saranno uno snodo fondamentale, perché bisognerà che buona parte delle risorse siano impiegate in ricerca, formazione e creazione di centri medici ad hoc.

Altro filone, non meno importante, è quello delle terapie monoclonali. Parliamo di produzione di anticorpi, ricavati da persone guarite, da iniettare già pronti all’uso in certe categorie di pazienti, soprattutto gli immunodepressi. Lo Spallanzani ci sta lavorando e la Germania ha già investito 400 milioni di euro per un farmaco da 2mila euro a dose. Un farmaco veloce, adatto a prevenire focolai, ma ancora molto poco “massivo” a causa del costo. E anche in questo caso la ricerca diventa fondamentale.

Anche a tal proposito, la buona gestione dei fondi del Recovery Fund risulta essenziale e strategica per il futuro del paese.

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