Il personale medico-sanitario e il vaccino: obbligatorietà, dubbi, doveri. I dubbi della gente comune, le domande legittime: quale vaccino dovrei fare? E cosa succede se accidentalmente s’interrompe la catena del freddo? Il caso dell’anziano deceduto dopo la vaccinazione in Israele. E quella volta che in Italia, in seguito a tre decessi, si sospese la vaccinazione contro l’influenza, per poi riconoscere che le morti non erano state causate dal vaccino. Una riflessione con Massimo Clementi, professore ordinario di microbiologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e primario, presso la stessa struttura, del laboratorio di microbiologia e virologia.



Professore, ci sono medici e infermieri che non vorrebbero sottoporsi al vaccino, lei pensa che sarebbe opportuno introdurre un obbligo per il personale medico?

Secondo me dipende dalla proporzione di personale che si rifiuterà di fare il vaccino. Il rifiuto di vaccinarsi mi sembra una cosa che non sta né in cielo né in terra dal punto di vista della responsabilità che il personale sanitario ha: il sanitario non può essere al tempo stesso un curante e fonte d’infezione per gli altri. E poi anche per la consapevolezza di quello che la scienza sta facendo per superare questa fase. Di fronte a un sanitario che si rifiuta di vaccinarsi resto non stupito ma, peggio, allarmato. Per questo, se la mancata risposta fosse elevata, dovrebbe esserci, se non l’obbligatorietà, almeno una forte pressione perché la vaccinazione si realizzi.



Esiste il rischio che non si riesca a raggiungere l’obiettivo dell’immunità di gregge? E cosa accadrebbe se non ci si riuscisse?

Esiste, al di là dei no vax ideologici, che non considero recuperabili da un punto di vista della persuasione, una fascia di popolazione, anche colta, che si pone delle domande. A queste domande va data una risposta.

E come, quando?

Va fatta una campagna che, al di là dei testimonial più o meno simpatici – che pure sono importanti, ricordiamoci la famosa foto di Elvis che negli anni 50 si sottopose al vaccino per la poliomielite, portando il 40% dei giovani a vaccinarsi – dovrebbe puntare su informazioni serie, sulle risposte a domande serie che le persone pongono.



Per esempio?

Per esempio una persona amica in una mail mi ha chiesto: se avviene un’interruzione della catena del freddo e l’Rna si rovina, io so che somministrare l’Rna rovinato può indurre problemi e infiammazioni, oltre a non permettere di raggiungere l’obiettivo della vaccinazione, dobbiamo preoccuparci? Bene, la domanda è legittima, e la risposta è: il mantenimento della catena del freddo è monitorato, abbiamo visto per i vaccini Pfizer che quando si aprono i contenitori ci sono dei termometri che monitorano la temperatura e il mantenimento della temperatura nel tempo, quindi nel momento in cui lo somministriamo possiamo essere sicuri che il vaccino sia stato conservato correttamente.

Altre domande frequenti?

Una domanda molto più frequente è: quale tipo di vaccino mi consigli? La disponibilità non sarà immane e immagino che non avremo esattamente la scelta; quello che voglio dire però è che di fronte a domande serie occorre dare le giuste informazioni, per operare la corretta moral suasion, necessaria a informare bene le persone.

In Israele è morto un paziente che si era sottoposto al vaccino, le autorità sanitarie locali hanno confermato che la causa della morte non ha nulla a che vedere col vaccino e infatti la campagna vaccinale andrà avanti.

Tre anni fa l’Aifa sospese la vendita di un vaccino anti-influenzale perché c’erano state tre morti, in Italia, di anziani appena vaccinati. Ora, che questo accada credo sia perfettamente normale. La scelta di sospendere le vaccinazioni causò quell’anno un abbandono del vaccino contro l’influenza che non c’era mai stato in precedenza. Poi si scoprì che, di quei tre anziani, uno era morto per aneurisma dissecante dell’aorta, gli altri due avevano avuto un infarto slegato dalla vaccinazione cui erano stati sottoposti. Il danno però è stato notevole. Io invito alla prudenza nella valutazione: i casi si possono verificare ma non vanno attribuiti tout-court alla vaccinazione.

C’è il remoto rischio che venga sospeso anche questo vaccino?

Spero proprio di no, soprattutto sospeso senza un corrispettivo di valutazione. In quel caso fu sospeso a furor di popolo e l’Aifa si piegò a mio avviso inopinatamente a questa sospensione, salvo poi fare marcia indietro e dire: ci siamo sbagliati, le morti non erano dovute alla vaccinazione. Il danno però era già fatto.

Il paziente vaccinato contro il Covid deceduto in Israele soffriva di patologie cardiache e oncologiche. Gli allergici sono stati preallertati dopo le reazioni verificatesi in Gran Bretagna. Per patologie gravi di questo tipo non è stata fornita un’indicazione specifica?

No, perché non ci sono motivi. Per gli allergici questa è una cautela che vale per tutte le vaccinazioni, l’allergico importante deve avere sempre la siringa col farmaco a portata di mano, quando fa un vaccino ma anche, banalmente, quando va al ristorante. L’allergico importante conosce i rischi che corre.

Un’ultima domanda: il vaccino come snodo nella lotta al Covid sta assorbendo e assorbirà molti sforzi anche a livello clinico, da questo punto di vista riusciremo a gestire i due aspetti in modo equilibrato e a non trascurare le terapie e le terapie a domicilio, ancora fondamentali per arginare la pandemia?

Penso di sì, l’ho anche sottolineato recentemente: io sono un fautore dell’introduzione in Italia degli anticorpi monoclonali, non solo a scopo terapeutico, ma perché ci sarà una fascia di persone – come quelle di cui abbiamo appena parlato – che non possono essere vaccinate o che non rispondono al vaccino. Non possiamo abbandonarle a se stesse.

In Italia stiamo già facendo qualcosa?

Abbiamo detto no a un’azienda che voleva proporci uno studio clinico su questa novità, che entrava come farmaco ma in realtà poteva essere usata come elemento di profilassi. C’è uno studio nel Regno Unito che sta affrontando il problema con uno dei tanti anticorpi monoclonali che ci sono. Io ho avuto modo di parlarne col professor Palù, che è molto sensibile all’argomento e lo sta affrontando, essendo da poche settimane anche presidente dell’Aifa. È una cosa su cui continuo a insistere, perché salverebbe molte vite.

(Emanuela Giacca)

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