Un vaccino contro il Coronavirus potrebbe essere inutile, secondo l’illustre virologo Giulio Tarro che spiega in una lunga intervista concessa a Business Insider: “Se il virus ha come sembra una variante cinese e una padana, sarà complicato averne uno che funziona in entrambi i casi, esattamente come avviene per i vaccini antinfluenzali che non coprono tutto”. Giulio Tarro è un virologo di fama internazionale, discepolo di Albert Sabin del quale ha diretto il laboratorio dopo la scomparsa.



Riserva una stoccata a Roberto Burioni (“Curioso che ancora si ascolti chi a inizio febbraio diceva che il rischio di contrarre il Coronavirus fosse zero perché in Italia non circolava, quando invece era già in giro da tempo”) e dall’alto della sua esperienza – ha isolato il vibrione del colera a Napoli, combattuto l’epidemia dell’Aids e sconfitto il virus respiratorio ‘sincinziale’ che provocava un’elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni affetti da bronchiolite – esprime la sua opinione.



Tarro è stato in prima linea contro tante influenze e ricorda che “né per la prima Sars, né per la sindrome respiratoria del Medio Oriente sono stati preparati vaccini, ma si è fatto ricorso agli anticorpi dei soggetti guariti”. Tarro dunque punterebbe sulla messa a punto di una terapia antivirale efficace “che potrebbe arrivare anche per l’estate, spero che la scienza e il caldo possano essere alleati. Troppa gente parla del Coronavirus senza avere il supporto dei dati scientifici e senza le giuste conoscenze”.

GIULIO TARRO: GLI ERRORI DELL’ITALIA SU CORONAVIRUS

Tarro ritiene che intorno al Coronavirus ci sia molta esagerazione perché pur essendo “un virus un po’ particolare, fortunatamente non ha la stessa mortalità della Sars e neppure della Mers che uccideva un malato su tre. Oggi non lottiamo contro l’Ebola, ma il nostro nemico è una malattia che non è letale per quasi il 96% degli infetti”.



Il problema, prosegue il professore, “è nel restante 4% che si è scatenato contemporaneamente. In pratica in meno di un mese abbiamo avuto gli stessi malati di influenza di un’intera stagione. Un’ondata a cui era impossibile far fronte a causa dei tagli alla sanità degli ultimi anni. Secondo l’Oms, tra il 1997 e il 2015 sono stati dimezzati i posti letto in terapia intensiva. E, peggio, non siamo stati abbastanza veloci a riparare i danni”.

Dunque in Italia vi sarebbero responsabilità ben precise che hanno favorito l’alto numero di morti dovute al Coronavirus, sia per le scelte politiche di questi anni sia perché è stato perso troppo tempo tra la dichiarazione dello stato d’emergenza del 31 gennaio e l’attivazione di misure ad hoc per fronteggiare l’emergenza: “Perché quando abbiamo avuto le notizie dalla Cina, i francesi sono intervenuti subito sui posti in terapia intensiva e noi no? Abbiamo preferito bloccare i voli con la Cina: una misura davvero inutile”.

TARRO: “CORONAVIRUS, CURA MEGLIO DEL VACCINO PERCHÉ…”

Giulio Tarro muove anche altri capi d’accusa alla gestione della pandemia di Coronavirus in Italia, ad esempio per quanto riguarda le mascherine: “All’inizio non le avevamo quindi si diceva che dovessero usarle sono medici e pazienti, poi siamo diventati produttori di mascherine e quindi diciamo che servono a tutti. Bisognava dire a tutti subito di usarle e di mantenere le distanze, invece, è stato fatto un pasticcio dopo l’altro. Si voleva blindare la Lombardia come la Cina e poi si è permesso a migliaia di persone di migrare al sud”.

Un disastro insomma, con giudizio molto severo nei confronti del governo Conte: “Francamente non si è capito quale sia stato l’approccio del governo e le misure di contenimento sono state prese in ritardo”. Tarro critica anche i bollettini quotidiani, fonte di stress il quale “determina un calo delle difese immunologiche”, con dati per di più “che non vogliono dire nulla: non conosciamo il numero preciso dei contagiati e di conseguenza ci ritroviamo di fronte a un tasso di mortalità altissimo”.

Infine, sugli scenari futuri, Tarro fa tre ipotesi sulla fine dell’epidemia: “Potrebbe sparire completamente come la prima Sars; ricomparire come la Mers, ma in maniera regionalizzata o diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino”.