Un numero ridotto di adolescenti e giovani adulti che sono stati vaccinati con Pfizer contro il coronavirus potrebbe aver avuto problemi cardiaci. Il primo studio in merito è arrivato la settimana scorsa dal Stati Uniti, dove i Centers for Disease Control and Prevention stanno esaminando i rapporti. Ora anche da Israele arriva una ricerca con risultati simili. Infatti, il ministero della sanità ha reso noto di aver individuato un numero di miocarditi (infiammazioni del muscolo cardiaco) in giovani uomini che hanno ricevuto il vaccino sviluppato da Pfizer e BioNTech e che queste sono legate proprio alla immunizzazione. La casa farmaceutica americana, che è stata interpellata dal quotidiano Haaretz, ha spiegato di non aver osservato un tasso più alto di quanto normalmente riscontrato nella popolazione generale. Per quanto riguarda Israele, sono 275 i casi tra il dicembre dell’anno scorso, quando è cominciata la campagna vaccinale, e maggio di quest’anno, su oltre 5 milioni di vaccinati. Secondo lo studio condotto dal ministero israeliano, la maggior parte dei pazienti non hanno trascorso più di quattro giorni in ospedale e che il 95% di questi casi sono stati definiti leggeri.
VACCINO PFIZER E MIOCARDITE IN GIOVANI: POSSIBILE LEGAME
Lo studio condotto in Israele ha, quindi, evidenziato che c’è «un possibile legame tra chi ha ricevuto la seconda dose di Pfizer e la miocardite nei giovani uomini tra i 16 e i 30 anni». Pfizer, però, ha replicato di essere a conoscenza dei risultati di questa ricerca, ma precisato che non è stato stabilito alcun legame causale tra il vaccino e la miocardite. Il 28 maggio scorso, però, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha chiarito di aver preso in considerazione l’ipotesi delle miocarditi. Infatti, ha precisato che il suo comitato per la sicurezza sta valutando questi casi molto rari non solo di miocardite, ma anche di pericardite (infiammazione della membrana intorno al cuore) che si sono verificati dopo la vaccinazione con Pfizer-BioNTech, soprattutto in persone di età inferiore ai 30 anni. «Attualmente non vi è alcuna indicazione che questi casi siano dovuti al vaccino e l’Ema sta monitorando attentamente questo problema», ha affermato l’Ema in una nota. Nonostante questa incertezza, i benefici di Comirnaty nei bambini tra i 12 e i 15 anni sono considerati superiori ai rischi, soprattutto nei bambini che hanno un rischio di sviluppare una forma grave di Covid.