A un giorno dall’inizio della somministrazione del vaccino Pfizer-BioNtech nel Regno Unito, due persone avrebbero riportato reazioni avverse. La Mhra (Agenzia Regolatoria del Farmaco nel Regno Unito) sconsiglia intanto in via cautelativa la vaccinazione ai soggetti che abbiano sofferto in passato di allergie significative. Si tratta di una casistica normale? Cosa dobbiamo aspettarci in vista dell’arrivo dei vaccini in Italia, che ancora oggi si conferma come il Paese europeo con il maggior numero di morti per Covid in rapporto alle infezioni? Ne abbiamo parlato con Carlo Federico Perno, direttore di microbiologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
Professore, il vaccino in Uk ha suscitato reazioni definite allergiche in alcuni soggetti. A cosa sono dovute?
È una valutazione da fare con estrema attenzione, quando si sperimenta un vaccino ci sono sempre possibilità di andare incontro ad eventi avversi. Qui, per quel poco che sappiamo, stiamo parlando di forme comunque non gravi che fanno parte in molti casi delle reazioni vaccinali. Le hanno chiamate allergiche ma non ne sappiamo molto. Tutto quello che sappiamo è che si tratta di un numero relativamente alto rispetto al numero di persone vaccinate, ma – ripeto – non conosciamo il tipo di disturbi. Credo che l’ipotesi più ragionevole in questa fase sia quella di attendere di avere risultati che ci permettano di esprimere opinioni. Non si tratta di attendismo, è buon senso e scienza.
Cosa potrebbe provocare la reazione allergica in un vaccino a Rna?
Improbabile che sia l’Rna a dare queste reazioni, anche se siamo in un mondo inesplorato e non si può escludere nulla. C’è però l’involucro di lipidi, una sorta di capsula fatta di particelle lipidiche che circondano l’Rna per evitare che venga digerito e che quindi non sia più funzionante. Se queste reazioni fossero più frequenti, potrebbe essere a causa dei lipidi. Bisogna tenere presente però una cosa importante. Le sperimentazioni di questi vaccini, che si sono appena concluse, non hanno riportato grandi evidenze di reazioni.
Avremo in Italia dei protocolli per fronteggiare questa casistica?
Stiamo mettendo a punto protocolli coordinati a livello europeo. Abbiamo almeno cinque vaccini, di cui tre in dirittura d’arrivo, che sono diversi fra loro, per cui, per ipotesi, magari ce n’è uno che dà queste reazioni e gli altri non le danno. L’elemento nodale in questa fase è la cautela nelle valutazioni, anche la scelta di non vaccinare persone che hanno avuto precedenti reazioni allergiche è semplicemente cautelativa. Le micelle lipidiche non sono presenti negli altri vaccini a cui siamo stati sottoposti in passato, questo è il primo vaccino a Rna a cui veniamo sottoposti. Stiamo remando in mare aperto verso la terraferma, chiaramente ogni tanto prendiamo un’ondata che ci riporta un po’ più lontano, ma serve molta cautela nell’andare avanti. Occorre certamente cogliere con attenzione potenziali segnali negativi, ma anche cautela nell’esprimersi negativamente su eventi che potrebbero essere assolutamente transitori.
L’Italia è ad oggi il Paese in Europa con il maggior numero di morti, come se lo spiega?
Il ragionamento è molto articolato. Certi comportamenti hanno aumentato le infezioni e quindi indirettamente il numero dei morti. Quelli che hanno fatto le feste private hanno sulla coscienza la morte di un’intera generazione. Loro hanno venti o trent’anni e sviluppano di norma forme lievi – anche se abbiamo avuto morti anche fra i giovani, e questo non va dimenticato – però trasmettono il virus e lo fanno circolare. Il virus raggiunge anziani e persone fragili e così accadono le stragi. Il punto però è un altro.
Quale?
I morti sono maggiori rispetto al resto d’Europa se rapportati alle infezioni. È un problema di percentuale, e la mortalità in Italia sta tornando ad essere inquietantemente alta. Io credo ci siano due ragioni per ciò ma potrebbero essercene di più. La prima è l’età media molto avanzata che caratterizza l’Italia: non dimentichiamo che l’età media della mortalità è 80 anni. Avendo tante persone anziane infettate la mortalità purtroppo è più alta.
L’altra ragione?
Non è stato forse messo in atto quel piano di recupero di tutte le terapie intensive che sarebbe stato indispensabile mettere in atto nel periodo estivo: non mi risulta sia stato completato. Anche questo potrebbe aver comportato un aumento della mortalità in maniera indiretta, perché non tutti i pazienti – ipotizzo – sono stati seguiti in maniera adeguata. Mentre la prima è una ragione sicuramente vera e certa, questa seconda ragione è solo un’ipotesi di lavoro.
(Emanuela Giacca)