Durante la conferenza stampa sul monitoraggio della Cabina di regia si è parlato anche dei vaccini anti Covid. Il professor Giovanni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione presso il Ministero della Salute, ha commentato le dichiarazioni rilasciate ieri da Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, secondo cui chi ha avuto il Covid non deve fare il vaccino. «Penso volesse dire che in un primo momento, se dovesse scegliere, vaccinerebbe persone che non hanno contratto la malattia, perché quelle già infettate potrebbero essere immuni». Rezza ha poi fornito il suo commento: «In teoria però chiunque può fare il vaccino, che non è neppure una controindicazione per chi ha avuto già il Covid. Si potrebbe dare la priorità a chi non si è ammalato, ma dobbiamo convivere con una certa limitatezza nelle nostre conoscenze». Ma ha anche parlato della proposta di alcuni scienziati di vaccinare prima i giovani: «È un’ipotesi interessante, che nasce dall’esperienza con l’influenza. Sappiamo che ci sono dei gruppi di età di popolazione che sostengono l’epidemia influenzale, che si sviluppa soprattutto in ambito scolare, poi gli studenti portano l’epidemia a casa».



VACCINO COVID, REZZA: “NO A PRIORITÀ AI GIOVANI”

Il professor Giovanni Rezza ha spiegato che quella strategia non viene adottata per l’influenza in Europa, dove si vaccinano le persone a rischio, ma negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove «tendono a vaccinare i bambini per bloccare l’epidemia di influenza». Ma col Covid lo scenario è differente. In primis, «servono più dati per capire se proteggeranno dalla malattia o dall’infezione». Inoltre, c’è un altro aspetto altrettanto importante: «Non abbiamo per ora identificato gruppi di popolazione che sostengano l’epidemia. L’80% dei casi è praticamente trasmesso dal 10-15% delle persone infette. Ci sono persone che trasmettono molto, soprattutto in determinati ambienti, e persone che trasmettono poco. Quindi per ora non possiamo adottare la strategia della protezione indiretta per il Covid». E questo è il motivo per il quale si è scelto di dare inizialmente «priorità a chi ha maggiore rischio di esposizione, cioè gli operatori sanitari, e gli anziani, che sono quelle più di altre sono a rischio».



Quella della protezione indiretta è comunque una strategia, ha spiegato Rezza, ampiamente condivisa a livello internazionale. E ha ricordato che «una strategia vaccinale differenziata dipende dai primi dati sui vaccini. Quelli che abbiamo ora sono ancora limitati». Sui vaccini si è espresso anche Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss): «Ci sono vaccini che proteggono dall’infezione e altri dalle complicanze. Quindi credo che nei prossimi mesi, oltre a individuare le categorie a rischio, dovremo usare tutte le attenzioni a prescindere dallo status di vaccinato o meno».

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