Che le piante ci aiutano lo sapevamo già, vista l’importanza dell’ecosistema per il benessere dell’uomo, a partire dalla produzione di ossigeno. Ma che si potessero anche utilizzare per combattere il Covid è notizia che giunge inaspettata. Una azienda farmaceutica canadese, la Medicago, in collaborazione con il colosso farmaceutico inglese GlaxoSmithKline, ha prodotto un vaccino a base vegetale che ha superato lo studio clinico 3 ed è quindi considerato utilizzabile dal punto di vista sanitario.



In realtà, non è una novità assoluta, come ci ha spiegato in questa intervista Antonio Clavennaricercatore presso il Dipartimento di Sanità pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano: “Gia per Ebola si era sperimentato un sistema analogo con l’utilizzo di piante simili a quella del tabacco. Non si tratta infatti della produzione di un vaccino, quanto del metodo di produzione: si sostituisce cioè la coltura di cellule normalmente utilizzate per produrre le proteine che danno vita al vaccino. Questo perché si pensa che in questo modo si possa ottenere un elevato numero di proteine in tempi più veloci”. Una nuova strada dunque per combattere il Covid.



Che cosa si sa di questo vaccino vegetale? E’ il primo in assoluto?

Più che di un vaccino a base vegetale si tratta di un metodo di produzione. Non è il primo in assoluto, ci sono già stati dei tentativi, ad esempio per produrre un vaccino contro Ebola.

Cioè?

Le foglie di alcune piante, nel caso sperimentato con Ebola una pianta simile a quella del tabacco, vengono utilizzate per la produzione di alcuni tipi di vaccino, in pratica sostituiscono le colture di cellule oppure il lievito che sono utilizzati per produrre le proteine che formano il vaccino. Quello che cambia è che vengono usate piante invece che colture di cellule per arrivare alla produzione di proteine, poi utilizzate nel vaccino.



L’utilizzo di questo vaccino contro Ebola come si è dimostrato?

Era stato abbandonato prima che venisse utilizzato e si arrivasse all’autorizzazione sanitaria. Erano però stati prodotti degli anticorpi contro il virus utilizzando questo sistema vegetale.

Perché questo tipo di processo? Ci sono dei motivi specifici?

Sembrerebbe che il vantaggio derivante dall’utilizzo delle piante rispetto ad altri metodi di produzione sia quello di ottenere un elevato numero di proteine. In particolare, avviene che alcune piante che hanno una facilità ad essere attaccate da alcuni virus o da alcuni batteri, grazie a tecniche di ingegneria genetica, vengono infettate con un agente patogeno, il cui scopo è trasportare il gene che produce la proteina all’interno della pianta. La pianta viene infettata da un batterio che fa da vettore del materiale genetico e in questo modo la pianta inizia produrre la proteina.

Come succede con i vaccini a vettore virale?

Sì, è un sistema simile, nell’arco di pochi giorni la pianta produce questa proteina e le proteine possono essere poi estratte, purificate e utilizzate per il vaccino.

Quali sono i vantaggi sostanziali di questo metodo?

I sostenitori di questo metodo di produzione ipotizzano che ci sia una maggiore rapidità nell’avere a disposizione le proteine da usare per i vaccini.

C’è però bisogno di un adiuvante che possa aumentera la risposta immunitaria e un maggior numero di dosi, è così?

Sì, è la strada percorsa anche per altri vaccini contro il Covid: aggiungere sostanze adiuvanti che hanno lo scopo di stimolare la risposta del sistema immunitario. Per fare un esempio, in alcuni vaccini vengono usati dei sali di alluminio, che hanno lo scopo di provocare una piccola infiammazione, attivando la risposta del sistema immunitario.

Quindi una strada positiva, da perseguire?

Più che l’arrivo di un nuovo vaccino, perché la tipologia è molto simile a Novavax, che sarà disponibile a breve anche in Italia, vale la pena sottolineare che a cambiare è il metodo usato per produrre le proteine, un metodo considerato promettente per consentire una produzione più elevata di vaccini. Può essere una strada da percorrere.

(Paolo Vites)

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