Tra poco Sebastian Vettel farà partire i titoli di coda del Campionato Mondiale 2013: lo farà probabilmente a modo suo, dato che la sua formazione mentale prettamente tedesca non contempla una corsa che non sia per la vittoria, anche quando non conta più. E dalle prime premesse questa sensazione sembra confermarsi. In attesa che anche la matematica abbia la propria soddisfazione ed inizi la celebrazione dell’ex-ragazzo prodigio di Heppenheim, tutta l’attenzione si sta intanto spostando sul 2014, una stagione che, vuoi per il cambio sostanziale nei regolamenti, vuoi per un mercato piloti piuttosto vivo e smosso dal “terremoto” Kimi Raikkonen che ha avuto lo stesso effetto della prima tesserina del domino che fa spostare tutte le altre, non manca di incuriosire e di far discutere. Ed ogni giorno è una sorpresa. Ieri per esempio è stato ufficializzato che Daniil Kyvat, diciannovenne russo di Ufa, remoto capoluogo della regione del Bashkortostan, occuperà il secondo seggiolino alla Toro Rosso accanto ad Jean-Eric Vergne ed al posto di Daniel Ricciardo “promosso” a vice-Vettel. Orbene, se il fatto che la seconda vettura di Faenza sia stata occupata da un pilota del scuola Red Bull non sorprende, molto meno scontata è stata la scelta del giovanissimo Kyvat che oggi corre addirittura in GP3 – e con discreti, nemmeno eccezionali risultati – cioè in una categoria assai lontana dalla Formula 1. Una notizia che ha un altro risvolto: nel 2014 per la prima volta nella storia saranno quindi al via del Mondiale due piloti russi, dato che la Sauber ha già annunciato come titolare il diciassettenne Sergey Sirotkin, ammesso che quest’ultimo riesca ad ottenere la superlicenza che per adesso non è in suo possesso. Ora, che la geografia economica del mondo stia cambiando e che paesi emergenti in grado di esprimere enormi capitali acquistino un peso sempre più rilevante in un mondo dove business e sport vanno a braccetto, è inevitabile. Ma l’arrivo sempre più frequente di baby-piloti il cui talento maggiore sta nella munificenza degli sponsor che li spinge, non necessariamente per la Formula 1 è un bene. E se questo può essere comprensibile alla Sauber, dove l’equilibrismo con il budget è sempre stato all’ordine del giorno ed il povero Peter Sauber, nonostante tutto, è riuscito a dosare piloti “paganti” e talenti veri come solo i grandi costruttori del passato sapevano fare – e per questo non riceverà da me mai alcuna critica – più sorprendente è che un ragionamento del genere lo faccia la Red Bull. Dunque, di fronte alla scelta di Kyvat i casi sono due: o il giovane russo è un talento eccezionale alla Vettel e allora ci toglieremo per l’ennesima volta il cappello di fronte ad Helmut Marko e soci, oppure il “vento dell’est” – e soprattutto i suoi soldi – fanno comodo anche alla Scuderia del colosso delle bibite che sembrava, fino ad ora, avere fondi illimitati. Attenzione, però. Questo è veramente pensare al futuro? Forse no. Intendiamoci, i soldi degli sponsor portati dai piloti sono da sempre stati un fattore nella loro scelta. Ma, appunto “un” fattore, non “il” fattore. Sarà ancora il talento puro, il coraggio, la temerarietà, la tenacia, la competitività a permettere ad un pilota di ritagliarsi uno spazio in F.1, magari dopo una lunga formazione – o “gavetta”, se si vuole – nelle formule minori? Ci saranno ancora dei Niki Lauda e dei James Hunt o avremo un Mondiale di “piloti medi ma paganti”? La Formula 1 sarà sempre più uno spettacolo e sempre meno uno sport? Un altro indizio lo avremo tra poco con la Lotus: con Grosjean andrà Nico Hulkenberg come meriterebbe il suo talento o Pastor Maldonado spinto dai soldi dell’azienda petrolifera statale del Venezuela?