Il Gran Premio di Corea si avvicina ed in noi resta forte la sensazione – o si potrebbe dire il timore? – che le cose anche a Yeongam vadano come nelle ultime uscite, con le Rosse a rimirare i tubi di scarico di Vettel. Così cerchiamo di esorcizzare l’attesa accantonando per una volta il Mondiale in corso e tornando a pensare al futuro. Il Campionato è già iniziato sui giornali e nei commenti degli esperti, alle prese con i nuovi regolamenti e, soprattutto, con la nuova coppia Alonso-Raikkonen. Molti si sono espressi su come potrebbe andare a finire la faccenda. Il commento più pertinente l’ho sentito fare da Alain Prost intervistato a margine del Gran Premio di Singapore: “Se i due piloti hanno la macchina migliore come me ed Ayrton, allora non c’è problema. Se c’è un terzo forte competitor, si rischia molto…”. Il vecchio e saggio Alain conosce le corse e la loro storia. E siccome si impara sempre dal passato, vediamo cosa è successo quando si sono presentate situazioni analoghe. Ha davvero ragione Alain? Partiamo proprio dall’inizio, il primo Mondiale del : il paragone con la Formula Uno di oggi non regge per definizione, anche perché le scuderie presentavano spesso in pista molto più di due vetture, annoverando così facilmente diversi piloti di nome fra le proprie fila in contemporanea. Ma tant’è, l’esempio calza lo stesso. Quell’anno, l’Alfetta 158 disegnata ben 12 anni prima nelle officine del Portello dal grande Gioacchino Colombo è la macchina più forte, senza alcuna discussione: le altre seguono a distanza senza impensierirla. E così la “lotta fratricida” fra Juan Manuel Fangio e Nino Farina non fa altro che animare un Campionato appassionante che alla fine premierà, all’ultima corsa, il 44enne asso torinese senza grossi scossoni per la scuderia. L’anno successivo Fangio e Farina si ripresentano ai nastri di partenza rinnovando il loro duello. Questa volta è il futuro pentacampeon argentino che sembra prevalere, ma all’orizzonte si profila l’arrivo di un inatteso terzo incomodo: la Ferrari. Cresciuta a grandi passi grazie alla nuova “375 F1” dallo schema costruttivo assai diverso rispetto all’Alfetta, la vettura permise a Froilan Gonzalez di vincere a Silverstone e, soprattutto, ad Alberto Ascari, trionfatore al Nürburgring e a Monza, di presentarsi all’ultimo appuntamento di Barcellona a -2 da Fangio. Solo un problema ai battistrada (Pirelli) di Ascari, scattato in testa al via, permise a Fangio di vincere l’ultima corsa e strappare un titolo che sembrava compromesso. Sembra l’applicazione precisa del teorema-Prost. 1-0 per il Professore. Ma non sempre l’equazione è perfetta. 1968: alla Lotus da un anno convivono due pezzi da novanta come Graham Hill e Jim Clark, due dei più grandi campioni che l’Inghilterra al volante ricordi. Troppo amici fra loro e con Colin Chapman, troppo “anni ‘60”, troppo inglesi per litigare. Il 1967 fu un anno strano. La Lotus faticava a mettere a punto il nuovo motore Ford Cosworth e la macchina crebbe solo nella seconda parte della stagione. Hill mise tutta la sua maestria e la sua tenacia in estenuanti prove che portarono a migliorare la vettura nel corso della stagione, ma non vinse nemmeno una gara. Clark, straordinario talento naturale come forse solo Ayrton Senna ha avuto dopo di lui, non provava mai, viveva nella sua fattoria di Kilmany ed correva ogni week-end con una quantità di diverse categoria automobilistiche, dal turismo in su. Arrivava il sabato, prendeva la macchina preparata da Hill e vinceva. Successe quattro volte nella stagione su undici gare in calendario. Graham morse il freno ma restò in squadra e Colin Chapman, che aveva sempre avuto un primo ed un secondo pilota in squadra fino ad allora, tenne duro. Venne così il 1968 e la straordinaria Lotus 49 era una macchina velocissima, spinta dall’ormai vincente Ford Cosworth. Clark era il favorito designato al mondiale, Graham retrocesso a comprimario. Ed infatti il grande Jim dominò in lungo ed in largo il primo Gran Premio della stagione in Sudafrica. Ma qualche settimana dopo, durante una gara di F.2 ad Hockenheim Jim Clark morì a causa di un incidente tanto banale quanto tragico. Senza il suo asso Colin Chapman si ritrovò spaesato, scioccato. Voleva ritrarsi dalle corse, lasciare tutto e vendere la scuderia. Se in squadra con Clark Chapman avesse avuto, come gli anni precedenti, Henry Taylor, Peter Arundell o Mike Spence, ovvero onesti “pedatori” del volante, avrebbe lasciato. Ma quella volta a salvarlo fu proprio l’avere con sè due campioni. Graham Hill si prese sulle spalle la squadra, convinse Chapman e rimanere, ritrovò quella classe che sembrava aver perso diventando Campione del Mondo per la seconda volta. Due frecce nella faretra, quell’anno, funzionarono. Frank Williams, a differenza di Chapman e di Enzo Ferrari, era un convinto fautore dei “due campioni in squadra”. Non sempre, però, la cosa funzionò sul serio. Nel 1981 Carlos Reutemann ed il campione uscente Alan Jones disponevano della eccellente “FW07”, nella sua evoluzione C. La stagione fu molto equilibrata con ben cinque piloti a contendersi la corona: Alain Prost sulla Renault, Nelson Piquet sulla Brabham, Jacques Laffite sulla Ligier e, appunto, i due alfieri del team anglo-saudita. Convinto assertore dell’avversione agli ordini di scuderia, Williams lasciò i suoi due piloti a combattersi fra loro ed il risultato fu disastroso. Piquet, che non era mai stato in testa alla classifica prima dell’ultima gara, divenne campione del mondo con un punto di vantaggio su Reutemann e quattro su Jones. Una beffa. Williams, recidivo, scelse la stessa strada nel 1986, quando in squadra aveva lo stesso Piquet ed il leone d’Inghilterra Nigel Mansell. Anche in questo caso l’ultima gara fu fatale e il titolo lo vinse, con due e tre punti di vantaggio sugli avversari, Alain Prost sulla McLaren. E la tesi del professore sembra sempre più suffragata dai fatti. Della rivalità fra Alain Prost ed Ayrton Senna in McLaren se ne è già stato fatto un film e si potrebbe scrivere un libro intero. Loro però avevano una macchina nettamente superiore e dominarono in lungo ed in largo. Altri esempi? Ricordate cosa è successo fra Villeneuve e Pironi nel 1982? E fra Alonso ed Hamilton nel 2007 a favore di Raikkonen? Come sempre la storia è istruttiva, ma i corsi e ricorsi storici sono anche fatti per essere disattesi. Speriamo che ciò succeda il prossimo anno e che i due eroi conducano a braccetto la Ferrari al sospirato titolo mondiale.