Oggi per quasi tutti Felipe Massa è un pilota finito o, comunque, entrato nella fase calante della sua carriera. E quasi tutti avallano la decisione della Ferrari di lasciarlo a piedi. E, occorre dirlo, questi “quasi tutti” hanno ragione. Però, adesso che la decisione – giusta – è stata presa, è tempo anche di guardarsi indietro e riconsiderare quello che Felipe è stato per la Ferrari, al di là della contingente situazione di oggi. Perché otto anni sono tanti e sono ben più di quelli nei quali hanno corso vestiti di rosso diversi mostri sacri rimasti poi legati indissolubilmente al Cavallino: da Niki Lauda a Michele Alboreto, da Gilles Villeneuve a Jean Alesi. Insomma, Felipe è stato un pilota notevole, veloce, combattivo, preciso. Capace dell’exploit e forse in difetto di un po’ di continuità e sangue freddo nei momenti topici. Non va dimenticato né che ha vinto la bellezza di 11 Gran Premi, che non sono certo pochi, né che in Ferrari ha sempre avuto a che fare con compagni di squadra assai ingombranti, Michael Schumacher, Kimi Raikkonen, Fernando Alonso – sempre loro: corsi e ricorsi storici! – ai quali ha tenuto testa alla grande, spesso facendo meglio di loro. Oggi molti se lo sono dimenticato, ma nel 2009 Felipe incappò in una di quelle sliding doors che sono l’essenza e il fascino dello sport, che costituiscono la sottile distanza fra il trionfo e la sconfitta, quella famosa “farfalla che vola a Tokyo” e influenza lo scoppio di un temporale a Madrid. Fato, destino. Chiamatelo come volete. A Felipe è successo, e tutto in pochissimi mesi. Era il 2 novembre 2008: un pilota Ferrari sta per conquistare il Titolo Mondiale di Formula 1. Quel pilota non è il Campione uscente Kimi Raikkonen, ma il piccolo Felipe da San Paolo, che sta dominando ad Interlagos il Gran Premio del Brasile, davanti al pubblico di casa in delirio e sotto una pioggia torrenziale. Succede però che all’ultimo giro, anzi all’ultima curva, il tedesco della Toyota Timo Glock sbagli inspiegabilmente, almeno apparentemente, ad ingranare una marcia lasciandosi superare per una insperata quarta posizione da Lewis Hamilton. Risultato in classifica finale: Hamilton 98 punti, Massa 97, nonostante le 6 vittorie del brasiliano in una stagione assolutamente da incorniciare. Fu una beffa atroce, una sconfitta immeritata ad un passo dalla gloria. Fu quella l’ultima vittoria della sua carriera. Sliding Door. Pochi mesi dopo, il 25 luglio 2009, durante le prove del Gran Premio di Ungheria, Felipe era alle prese con la solita, recalcitrante Ferrari di quella sfortunata stagione. Un piccolo pezzo staccatosi dalla Brawn di Rubens Barrichello, che lo procedeva di qualche metro, lo colpì sul casco e gli sfondò una tempia. Rischiò seriamente la vita e fu forse quello l’episodio decisivo per la sua carriera. Da allora non ha più dato la sensazione di essere tornato quello di prima, come se si fosse involuto non in un pilota scarso, ma semplicemente in uno normale, incapace di dare più di quanto la macchina gli permette, cosa che è la caratteristica peculiare del campione. Iniziò in quel pomeriggio di luglio la parabola discendente di Felipe Massa e la traiettoria che ora lo porta lontano dalla Ferrari. In bocca al lupo, Felipe. Sono stati otto anni intensi e difficili. Ma anche, a tratti, esaltanti. Ultima nota: e se ci sbagliassimo e l’anno prossimo Felipe con un’altra macchina risorgesse come fece Rubens Barrichello alla Brawn nel 2009? Beh, saremmo contenti di sbagliarci.