C’era una volta una Formula 1 dove i grandi cambiamenti tecnologici, le rivoluzioni meccaniche e le conseguenti vittorie erano figlie di idee e di geniali menti creative. Enzo Ferrari inventò l’automobilismo moderno modellando la sua azienda, ed il suo reparto corse, come nessuno prima di lui aveva fatto. Nel 1954 la Mercedes di Alfred Neubauer si presentò in Formula 1 con una vettura capace di presentarsi a ruote coperte o scoperte a seconda della tortuosità dei circuiti e che fece di colpo diventare obsolete tutte le altre, dominando incontrastata la scena per due stagioni. Qualche anno dopo un giovane inglese ebbe l’ardire di piazzare il motore dietro le spalle del pilota e vinse, praticamente dal nulla, due Titoli Mondiali: si chiamava John Cooper ed all’inizio sfidò il senso comune e fu accolto con diffidenza per aver messo “il carro davanti ai buoi”, come aveva commentato Enzo Ferrari. Nel giro di tre anni, il suo standard costruttivo era adottato da tutti. Colin Chapman, fondatore della Lotus, se ne inventava praticamente una ogni anno: spesso le sue idee si rivelavano farlocche, come la Formula 1 a quattro ruote motrici o quella spinta da una turbina a gas, ma molto più spesso ci prendeva; nel giro di vent’anni introdusse il telaio monoscocca, l’uso degli alettoni, lo studio aerodinamico sulla penetrazione della vettura nell’aria ed infine l’effetto suolo. Si inventò anche l’introduzione del main sponsor del team, questione non tecnica ma sicuramente molto impattante nella storia delle corse a seguire. Ken Tyrrell provò perfino con una vettura a sei ruote che si rivelò assai performante. E poi il motore turbo della Renault nel 1977, le sospensioni intelligenti della Williams negli anni ’90, il cambio al volante della Ferrari di John Barnard, gli scarichi soffiati di Ross Brawn del 2009.

Cos’è rimasto di tutto questo? La passione, la competenza, il fascino della competizione, la cura per i dettagli, l’altissimo livello competitivo. Sono rimasti gli uomini, per fortuna. Ma uomini alle prese con un regolamento stringente, meticoloso, dettagliato fino ai minimi particolari per cui trovare quali siano le chiavi per ottenere quell’infinitesimale vantaggio che potrà rivelarsi decisivo è un lavoro più da certosini che da geni. Questo è il trend consolidato da diverso tempo, accentuato ancora di più dalle misteriose limitazioni quasi totali delle prove per la messa a punto – che sia un problema di costi è ridicolo, dato che gallerie del vento e mega-simulatori costano infinitamente di più – che non fanno che aumentare a dismisura l’importanza del computer, della simulazione progettativa e tecnologica, tagliando fuori i piccoli team. E, si sa, i computer a domande uguali, danno risposte uguali. Ma tant’è: sacrificando tutto alla continua ricerca di spettacolarità, la Formula 1 si dota ancora una volta di regole nuove al semplice scopo di mescolare le carte ed assicurare quello che lo spettatore vuole, ossia l’incertezza. Ripartenza da zero, quindi. O meglio, da zero non è il termine adatto: perché gran parte del nuovo progetto è già scritto nel regolamento ed il povero ex-creativo perde più tempo a leggerselo tutto che non a cercare di trovare quel pertugio progettuale capace di fare la differenza in un “pacchetto” predefinito. Nel il motore sarà per tutti un sei cilindri a V di 1,6 litri turbocompresso ed ogni pilota potrà disporne di soli cinque esemplari lungo tutto l’arco della stagione, salvo incorrere in penalizzazioni. Non solo: il cambio sarà per tutti ad otto rapporti e perfino una delle poche cose che erano rimaste legate alla sensibilità di ogni pilota, ovvero la regolazione dei rapporti del cambio fra una pista e l’altra, saranno adesso immutabili ed uguali per tutti. Monaco o Monza non farà differenza. Per essere sicuri poi che i sorpassi in pista siano dovuti solamente alle gomme supersoft o all’uso del ed evitare quindi che qualcuno si azzardi a fare manovre spettacolari, sono state inasprite le sanzioni in corsa ed introdotta persino la “patente a punti”, esaurita la quale si incorre in squalifica. E poi, a togliervi qualunque dubbio sul fatto che comandi il business, ecco l’abnorme calendario a 22 corse provvisoriamente diffuso dalla FIA – a proposito, ma il must non era il contenimento dei costi? Stiamo esagerando, forse, ed in parte lo facciamo volutamente. In pista vanno gli uomini e questi, nonostante tutto, saranno quelli che decideranno le sorti della prossima stagione. Ma lasciateci sognare che tra qualche anno tornino le condizioni perchè  ricompaia un altro Colin Chapman o un John Cooper: ne guadagnerebbe lo sport e anche lo spettacolo più di mille DRS o di decine di mescole Pirelli, più del numero di cambi di motore permessi o della durata di uno stop-and-go.