La prima domenica di ottobre per gli appassionati di Formula 1 è stata una giornata nera. A poche ore dal cruento incidente di Jules Bianchi a Suzuka, su un palcoscenico molto più anonimo ed ordinario come il Grande Raccordo Anulare di Roma se ne è andato un altro pezzo dell’indimenticabile epoca d’oro della , quella degli anni ’80 ricca di Campioni e di personaggi mai banali. De Chrasheris, come lo chiamavano tra il serio ed il faceto i giornalisti inglesi per i suoi frequenti incidenti, dopo essere uscito con il suo consueto sorriso un po’ sfrontato da decine di autovetture distrutte e fumanti, per uno strano scherzo del destino, è finito per soccombere ad uno schianto stradale, mentre era in sella alla sua Suzuki. Cadendo, pare, da solo. Andrea De Cesaris, romano de Roma, classe 1959, fisico atletico, grande feeling con il mondo femminile, al di là della sua foga a volte eccesiva, era un pilota vero, talentuoso, meticoloso ed imprevedibile. Andrea detiene tuttora un non particolarmente invidiabile primato, quello del più alto numero di Gran Premi disputati senza ottenere una vittoria, ben nell’arco di quindici stagioni. Ma fu proprio quella sua capacità di ottenere sempre qualcosa più del normale dalla sua macchina a garantirgli tale lunghissima carriera, altalenante specchio del suo eterno essere sospeso fra il talento cristallino e l’irruenza che spesso lo tradiva. E poi l’indubbia esperienza accumulata, la perizia nella preparazione della vettura e la grande generosità, ne facevano il pilota ideale per i team di mezza classifica: fu così che Andrea poté stabilire un altro primato piuttosto difficile da battere, quello di non aver mai corso più di due stagioni consecutive con la stessa vettura e aver gareggiato per la bellezza di dieci diverse scuderie. Questi team “medi” – o ex-grandi in momenti di difficoltà – furono il “recinto” in cui Andrea fu costretto a rimanere per tutta la carriera, senza avere mai realmente fra le mani una vettura vincente. Dopo una eccellente trafila nelle formule minori culminata con due ottime stagioni nella Formula 3 inglese, De Cesaris ebbe la grande occasione in Canada nel 1980, quando fu chiamato dalla Alfa Romeo a sostituire l’infortunato Vittorio Brambilla. Il suo ottavo tempo in prova destò l’interesse di molti team fra cui la McLaren che lo ingaggiò per il 1981. Ma la scuderia di Woking era in un periodo di grave crisi tecnica ed il romano forse troppo inesperto per una situazione così difficile. Il risultato fu una serie di incidenti dovuti alla irruenza con cui tentava di sopperire ai limiti della vettura e che contribuirono ad appiccicargli l’etichetta di “sfascia-macchine” che non riuscirà più a togliersi. Il biennio ’82 e ’83 con l’Alfa Romeo fu senza dubbio il più interessante. La “182” prima e la “183 Turbo” poi erano vetture competitive, velocissime ma incredibilmente fragili e delicatissime, soggette ad una eccessiva sensibilità al mutamento delle condizioni esterne. Fu così quasi sempre velocissimo in prova ma raramente al traguardo in gara: in particolare strappò una strepitosa pole position a Long Beach, nel 1982, unica della sua carriera, ed era comodamente al comando della corsa quando fu appiedato da un banale guasto. Andrea fu per altro l’ultimo pilota ad avere portato sul podio nel Mondiale la gloriosa casa del Biscione, con il secondo posto a Kyalami nel 1983. Lasciata l’Alfa cominciò il suo pellegrinaggio:
Due anni alla Ligier con due vetture pessime, dove fu licenziato a metà 1985 dopo l’ennesima auto distrutta in un incidente. E poi Minardi, Brabham, Rial, Dallara, Jordan, Tyrrell e Sauber. Sempre in pista, sempre veloce e tenace, sempre al limite dei propri mezzi e sempre, purtroppo, a centro gruppo. Mai in fondo, però. L’ultima gara fu vent’anni fa, nel 1994 a Jerez, qualche settimana dopo aver portato la pessima Jordan che aveva a disposizione al quarto posto a Montecarlo. Lasciò completamente il mondo delle corse per dedicarsi alla finanza, al surf, alla sua casa alle Hawaii e agli sport acquatici. Mai banale, anche fuori dalle corse. Addio Andrea.