Se ne è andata anche la seconda sessione di prove “invernali” in vista dell’Apertura del Campionato di Formula 1 2014, questa volta sul circuito di Sakhir, in Bahrain. Tralasciamo qui di riprendere l’ormai annosa vicenda dell’assurdità di questo regolamento che limita le prove su pista per ragioni di “contenimento costi” e costringe così i team ad investimenti miliardari nelle gallerie del vento e nei simulatori dove è stato confinato il lavoro quotidiano dei tecnici che prima vivevano a bordo pista. Ma tant’è. Sono i tempi che corrono. Cerchiamo piuttosto di leggere tra le righe qualche indicazione in vista del 16 marzo, quando il sipario si alzerà sul Gran Premio d’Australia. Ed allora si farà sul serio. Premessa: è sempre molto pericoloso azzardare pronostici e valutazioni ad ampio raggio a partire dalle settimane di test che, per definizione, hanno diverse variabili nella verifica delle vetture che non necessariamente le portano a cercare la “velocità” o il tempo migliore – avete visto per esempio le Ferrari con l'”acchiappamosche” montato sul retrotreno per valutare i flussi dell’aria? Su alcune cose però qualche giudizio si può tentare. Il primo: questa “rivoluzione tecnologica” dei turbo scompaginerà le carte molto più di quanto gli stessi addetti ai lavori si aspettassero. Lo si è capito dal numero di problemi, inconvenienti e cedimenti che si sono registrati in queste settimane. Usciamo da anni di Formula 1 dove la tecnologia era consolidata, giunta ad una curva di maturazione “adulta” e ad una altrettanto notevole stabilità. Sono diverse stagioni che i ritiri per motivi meccanici si contano sulla punta delle dita, mentre storicamente il “guasto” e l’affidabilità sono sempre stati un ingrediente fondamentale del successo. Prepariamoci dunque ad una stagione, sicuramente almeno nella prima parte di essa, con un numero di ritiri ben superiore al passato, dove non sarà sufficiente essere i più veloci, ma occorrerà anche arrivare fino al traguardo. E questo, dal punto di vista sportivo è una bella notizia, perché fa un po’ uscire dall'”effetto videogame” di una Formula 1 dove più nessuno sbagliava mai, si guastava mai o vinceva o perdeva per “fortuna”. Ma questa è l’essenza vera delle corse, come della vita. Secondo tema: lo potremmo intitolare “attenzione a vendere la pelle dell’orso prima di averla cacciata”. L’orso, ovviamente, è la Red Bull. E’ vero quindi che, senza sbilanciarci troppo, è ormai lecito far circolare nel retrocranio il dubbio che due indizi facciano una prova e che, probabilmente, per una volta il “mago” Newey avrà i suoi bravi grattacapi nel risolvere i cronici problemi di affidabilità che sembrano affliggere l’imbattibile – fin qui – binomio Red Bull-Renault in tempo per Melbourne. E poco importa di chi sia la colpa. Pochi giri e nemmeno particolarmente veloci calano la squadra di Helmut Marko e Chris Horner in una mini-crisi che forse non sono abituati ad affrontare. Ma attenzione a sottovalutare Newey e Vettel nelle prime gare, potrebbe essere un errore che si paga a caro prezzo. Io, personalmente, ad una Red Bull a centro gruppo crederò quando la vedrò. Non prima. Terza questione: la Mercedes. Perché se c’è una squadra – ed un motore – che esce bene dai test è proprio quella di Niki Lauda e, per riflesso, la McLaren del neo-team principal Eric Bouiller, strappato alla Lotus. Non tanto per il “tempone” di Nico Rosberg nell’ultima giornata, il dominio di Hamilton in quella precedente o gli ottimi riscontri del duo Button-Magnussen, ma quanto per la sensazione di sicurezza, tranquillità e consapevolezza che si respirava nei loro box, nelle dichiarazioni dei membri dello staff e perfino nei piloti. Anche la Force India e la Williams, seppur in misura minore, hanno tratto indicazioni positive dal lavoro effettuato, a conferma della bontà del nuovo V6 Turbo della casa di Stoccarda. Che si candida come pretendente seria al Mondiale. Quarto punto: la Ferrari.
La sensazione è quella di una specie di limbo. Macchina veloce ma non velocissima, affidabile ma non affidabilissima, fra i primi ma non fra i primissimi. Speriamo sia pretattica o semplicemente l’attuale “stadio” evolutivo, ma forse ci si aspettava qualcosa di meglio e un po’ meno gap rispetto alla Mercedes. In più ci si è messo Kimi Raikkonen che nei due giorni in cui è sceso in pista non ha certo brillato, al cospetto di un Fernando Alonso sembrato decisamente più in palla. Vedremo, l’ennesimo esperimento di questa stagione sperimentale per definizione – ovvero quello dei “due galli nel pollaio” – è solo agli inizi e necessita di tempo e fiducia. E noi, tempo e fiducia, al Cavallino li concediamo sempre. Ultimo elemento: i piloti. I nomi che circolano come favoriti sono sempre gli stessi, quelli dei migliori. Ma in una stagione dove tutto sembra in bilico e dove la sensazione che poco sia prevedibile perché non scommettere su qualche nome nuovo? Kevin Magnussen, prima di tutti, il deb che ha subito impressionato per costanza e velocità e che, grazie ad una McLaren finalmente in palla, potrebbe essere la grande sorpresa dell’anno. Dietro di lui è piaciuto Valtteri Bottas, che deb non è ma a cui una Williams che fosse competitiva potrebbe permettere il salto di qualità. E fra gli “eterni giovani” che non riescono a schiodarsi da centro gruppo, spero che sia l’anno della consacrazione per Nico Hulkenberg, ormai pronto da un po’ per un top team. Come dite? Sono tre piloti con motore Mercedes? Ops…