Monza, 11 settembre 1955. Juan Manuel Fangio sulla leggendaria Mercedes W196 in versione carenata a ruote coperte vinse 26° edizione del Gran Premio d’Italia, corso in quell’occasione nella versione lunga del meraviglioso circuito brianzolo comprensiva di anello di velocità, alla non banale media di quasi 207 Km/h su una distanza di 500 Kilometri. Fangio, che in quell’occasione suggellò il terzo dei suoi cinque Titoli Mondiali, precedette in pista il compagno di squadra Piero Taruffi, il grande pilota romano che aveva al tempo già quasi quarantanove anni. Fu quella l’ultima doppietta Mercedes nel Campionato Mondiale di Formula Uno, cinquantanove anni fa. Fu anche l’ultima gara in F.1 della casa di Stoccarda, prima del ritorno nel 2010. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora. E non solo nell’automobilismo sportivo, che stenterebbe a riconoscere sé stesso dopo tutti questi anni. Dunque a Sepang la Mercedes ha rinverdito i fasti di quella straordinaria annata trionfando grazie ad un dominante Lewis Hamilton e ad un giudizioso Nico Rosberg che ha capito subito che il suo posto sul podio sarebbe stato il secondo. Due gare nel mondiale, due vittorie e il sospetto che un anno all’insegna delle Frecce d’Argento sia dietro l’angolo. In fondo sul circuito fortemente voluto dalla Petronas, è andata come ci si aspettava andasse: dietro alle Mercedes la Red Bull si è ritrovata un po’ più vicina e Vettel ha fatto capire che il Mondiale se lo giocherà anche lui, mentre la Ferrari di Alonso – Raikkonen non pervenuto – ha traccheggiato come a Melbourne ad una trentina di secondi di distacco dai primi. Insomma, c’è poco da gioire a Maranello: al moderato ottimismo della vigilia si è già sostituito un allarmato messaggio dei piloti che invocano la necessità di un nuovo “step” tecnico di sviluppo, ma soprattutto è preoccupante il “ristagno” dei risultati che dura ormai di diversi mesi, quasi che ci si fosse abituati ad essere la terza forza del lotto. Confermata la crescita di McLaren e Williams rispetto allo scorso anno che però non hanno il potenziale di sviluppo di Red Bull e Ferrari e credo si giocheranno la quarta piazza, e confermato che Nico Hulkenberg è l’unico dei piloti al di fuori dei “mostri sacri” a metterci sempre qualcosa di suo: quest’anno con la Force India come l’anno scorso con la Sauber. Ma a Sepang poche nuove anche dal punto di vista dello spettacolo. Un po’ meglio, invero, della noia mortale di Melbourne, ma non molto di più: gara dominata da una sola macchina, fattore-piloti pari a zero, distacchi dettati dal consumo di carburante in base al quale spingere o meno su indicazione dei box, la solita confusione con le gomme fatte apposta per deteriorarsi in fretta ed aumentare il numero di soste, qualche sorpasso in più ma sempre fra vetture con “passi diversi”, cosa che non porta mai ad un duello prolungato ma sempre ad un sorpasso one-shot in seguito al quale qualcuno prende il largo. Il tutto condito dai motori muti sui quali il commento di Sebastian Vettel rilasciato qualche giorno fa è stato piuttosto eloquente. Per questo sono ancora più sorprendenti le parole che Jean Todt, sempre più in via di trasformazione nel Blatter della Formula Uno, ha pronunciato in una intervista al giornale tedesco Welt am Sonntag qualche giorno fa. Si è passati dal trionfalistico “Ho messo il turbo allo show” di fine febbraio ad un “E’ una Formula Uno in agonia…” di oggi. Sorprendente. Ma come? Cosa è cambiato negli ultimi giorni nella percezione del presidente della ? Forse una F.1 ai picchi più bassi di popolarità della sua storia? Forse la cronica carenza di personaggi interessanti davanti allo stridente, improbabile paragone con Ayrton Senna di questi tempi al centro del ricordo degli appassionati? Di colpo, crisi finanziaria, inquinamento ambientale e diminuzione delle risorse sarebbero i tre “mali” che attanagliano il meraviglioso “show” del motore secondo lui. Naturalmente…
… nessuno dei tre imputabile alle ridicolaggini regolamentari che i geni del board internazionale hanno escogitato, al confino nella Pay TV che elimina il carattere popolare che è sempre stato l’anima delle corse e questa pervicace tentativo di sminuire, quasi mortificare il fattore-umano in nome di non si sa quale “inevitabile” progresso dei tempi. Macchine-taxi, piloti-taxisti e un sistema di penalizzazioni paradossale che sconsiglia chiunque a tentare un sorpasso e che commina a chi si vede una ruota avvitata male nei box uno stop and go e dieci posizioni di penalizzazione in griglia nella prossima gara. Unsafe release. Ci manca solo l’incriminazione per tentato omicidio. Lo prometto: mi sforzerò di abituarmi alla F.1-aspirapolvere, alle macchinine telecomandate e alle idiozie sparate da Todt. Ma datemi tempo: ho una certa età e le abitudini sono dure da debellare. Il punto è che non sono da solo: il 73% dei visitatori worldwide del sito ufficiale Ferrari, alla risposta “Vi piace la nuova F.1?” ha risposto no. Una percentuale che sale al 78% degli italiani e addirittura all’85% degli spagnoli. Capito Mr. Todt?