Beh, occorre ammetterlo. La spettacolare gara notturna in mezzo al deserto del Bahrain ha riconciliato gli appassionati come noi con questa nuova Formula 1 impersonale e senza rumore che si era vista nelle primi due appuntamenti stagionali. Le scintille fra Lewis Hamilton e Nico Rosberg, stoppati dal loro muretto solo a tre giri dalla fine quando i due avevano già sfiorato un paio di volte la collisione, hanno riportato alla mente antichi duelli, innalzato potentemente il livello dello spettacolo e finalmente regalato una corsa vera, sportiva, dura e leale. Davvero una grande esibizione quella dei due protagonisti che, è piuttosto facile pronosticarlo, probabilmente trascorreranno il resto della stagione a giocarsi in casa un Mondiale che, seppure ancora agli albori, sembra segnato. Rosberg ed Hamilton promettono di riportare in pista una stagione alla Senna-Prost, quando i due compagni di squadra nella McLaren allora dominante come lo è oggi la Mercedes, si giocarono a sportellate corse e mondiali – e forse anche qualcosa di più – misurandosi senza rete con lo stesso mezzo tecnico. Tra Lewis e Nico, a differenza di quanto accadeva tra il francese ed il brasiliano – che furono acerrimi nemici anche fuori dalla pista fino alla straordinaria riconciliazione di Melbourne ’93 – sembra, verbo quanto mai necessario, regnare un grande clima. Splendido il siparietto a fine gara con la finta rissa fra i due appena scesi dalle macchine e il dialogo nel retropodio dove Hamilton confessa al compagno di essersela vista brutta e Rosberg si mette le mani nei capelli pensando al suo ultimo sfortunato tentativo di sorpasso. Insomma, un gran bello spettacolo in pista e fuori e Mercedes tornata ormai stabilmente ai fasti dei tempi di Juan Manuel Fangio e Stirling Moss. E, sebbene i dubbi per questi regolamenti spesso assurdi – stavolta un tourbillon di cambi gomme eccessivo, l’incubo del flussometro e la complicazione delle cose semplici anche nel regime della safety car – è stato, finalmente, un gran bel vedere, una fiera battaglia sportiva ed è questo che costruisce lo show. Dietro alle Frecce d’Argento ancora tante cose interessanti e una sensazione netta: senza la Mercedes le gare sarebbero avvincenti. Oggi Force India e Williams hanno dato spettacolo: la squadra di Sir Frank si è giocata un podio decisamente alla portata di Felipe Massa e Valtteri Bottas per un misto di errori di strategia e di sfortuna, quando proprio sulla terza sosta lo spettacolare ed incruento loop di Esteban Gutierrez provocato da Pastor Maldonado – che si conferma una sciagura – ha chiamato in pista Bernd Maylander e la sua safety car favorendo Force india e Red Bull settate sulle due soste. Ne ha approfittato Sergio Perez che, contro ogni pronostico, ha fatto meglio di Nico Hulkenberg e ha colto al volo la grande occasione per regalare il secondo podio della sua storia alla squadra di Vijay Mallya dopo quello a Spa 2009 con Giancarlo Fisichella. Certo, il motore – pardon, power unit – Mercedes è una spanna sopra gli altri, cosa che però non ha impedito al talento di Daniel Ricciardo, ancora una volta davanti a Seb Vettel che sta trovando più difficoltà del previsto ad adattarsi al nuovo stile di guida, di emergere cristallino per ritagliarsi un quarto posto di grande spessore. L’inattesa situazione Ricciardo-Vettel in Red Bull ha regalato un altro imperdibile siparietto: quando il giovane australiano è piombato negli scarichi del quattro volte campione del mondo ha candidamente chiesto ai box via radio “ditemi cosa devo fare”. Horner, imperturbabile, ha comunicato a Vettel, con molto tatto, di lasciargli strada in quanto in “situazione di macchina più veloce” e Seb si è fatto da parte. Dietro a questo episodio all’apparenza ludico leggo chiaramente due cose: la prima è che Daniel Ricciardo è un ragazzo intelligente, veloce e che conosce il rispetto, tre caratteristiche che sono la trama della stoffa del campione. La seconda è che Seb non misconosce l’umiltà ed il lavoro: alla lunga la classe del campione avrà la meglio, lui capirà una macchina con cui ha ancora instaurato un feeling e tornerà ad avvicinarsi al duo-Mercedes, anche se probabilmente sarà troppo tardi. Insomma, “tanta roba” come aveva detto a suo tempo Andrea Stramaccioni. Cosa manca a questo quadro?
La Ferrari. Già, perché se Fernando Alonso nelle prime due gare aveva sopperito alle carenze tecniche con la solita capacità di spremere il massimo dalle circostanze, oggi nemmeno lui – e neanche il solito incolore Kimi Raikkonen di questo inizio stagione – hanno potuto nulla non solo contro le Mercedes, che senza la safety car avrebbero probabilmente doppiato le due vetture di Maranello, ma neanche contro Williams, Force India e Reb Bull. Il presente tecnico della Ferrari è nero come la faccia di Montezemolo che lascia la pista prima della fine della gara, come faceva Agnelli dal Comunale di Torino quando non gradiva lo spettacolo. Lenta sul dritto, anonima nella strategia, incostante nelle prestazioni la è, forse, in linea con la McLaren e poco sopra alla Toro Rosso. E come una stilettata dell’ineffabile duo Toto Wolff-Niki Lauda, sul podio a ritirare il premio per la scuderia vincitrice c’era il direttore della progettazione e sviluppo Aldo Costa, il vero padre della W05, ex-direttore tecnico del Cavallino ed epurato senza troppi complimenti nel 2011 dopo 16 anni in Ferrari. Insomma, per Stefano Domenicali e soci si prospetta la necessità di un’impresa tipo la scalata dell’Everest senza l’ausilio delle bombole…