, ex-tempio della velocità sacrificato alle ragioni della sicurezza e diventato un toboga misto-veloce, è comunque un teatro spettacolare e prestigioso. Ed il Gran Premio di Germania, anche per la sua tradizionale collocazione estiva, ha storicamente rivestito una importanza notevole come “giro di boa” del Mondiale: spesso chi si è presentato in testa alla classifica dopo la corsa teutonica ha poi finito per vincere il Titolo, per la precisione in 46 delle 61 edizioni precedenti, oltre il 75%. Ecco il primo motivo per cui quello che ha fatto Nico Rosberg nella corsa di casa è qualcosa di molto importante. Ma il secondo è, a mio modesto parere, un altro: quando dopo le prime prove invernali la Mercedes cominciava a rivelarsi come la macchina di gran lunga più forte del lotto, tutti hanno pensato subito ad una stagione d’oro per Lewis Hamilton e pochi all’eterno piazzato Rosberg, che solo dopo una lunga militanza era riuscito finalmente a vincere una corsa nel 2012. Quello che il figlio di Keke ha invece mostrato in questa prima parte di stagione è una maturazione forgiata forse proprio dagli anni di militanza, da lunghe gare guardando i retrotreni degli avversari, lottando a centro classifica e galleggiando fra le posizioni di rincalzo. Eterna promessa, ora mantenuta. Nico è pronto, pronto per vincere un mondiale battendo, si badi bene, un compagno di squadra che non ha tradito le aspettative ma, al contrario, sta dando anche lui spettacolo, prova ne è stata la strepitosa rimonta dal ventesimo al terzo posto della gara di oggi. Sono le circostanze, ad oggi, a scavare la distanza in classifica fra i due alfieri della Mercedes, ma se Lewis ha confermato di essere il campione che si sapeva, Nico a questi livelli è una vera sorpresa. Rosberg ha vinto, approfittando dell’incolpevole botto di Hamilton durante le prove che lo ha relegato in fondo alla griglia e ha dominato la gara senza tentennamenti, con la “testa” di chi ha raggiunto un equilibrio, anche mentale, consolidato. Ma sotto il nuvoloso e minaccioso cielo dell’Hockenheimring dove nel 1968 si spense contro un albero della foresta del Baden-Wurttemberg la vita e la carriera del grande Jim Clark, un’altra stella si è consolidata nel firmamento delle corse. Si chiama Valtteri Bottas, viene dalla Finlandia, terra dalla tradizione automobilistica sterminata e costellata di campioni sull’asfalto e sullo sterrato, e pochi avrebbero immaginato che fosse un pilota del genere: terzo in Austria, secondo a Silverstone ed ora anche in Germania, ha stupito per la sua freddezza e la sua calma nel contenere il veemente ritorno di Hamilton, seppur frenato da un contatto. E’ la conferma che siamo davanti alla F1 delle facce nuove, del ricambio generazionale. La F1 degli uomini, quella su cui scommettere, lontani dalla deriva iper-tecnologica e dirigistica che ha preso. La Ferrari è stata la solita Ferrari: straordinario, come sempre, Fernando Alonso che al solito ha spremuto il massimo possibile dalle condizioni in cui si è trovato, ectoplasmatico, come sempre, Kimi Raikkonen di cui si sono perse le tracce subito. Menzione d’onore anche per Seb Vettel che in settimana non ha escluso un suo futuro in Ferrari facendo capire che in questo momento la sua Red Bull è di una taglia troppo stretta rispetto al suo talento troppo velocemente dimenticato dai più, come se potesse essere finito a 27 anni. Si consiglia un viaggio a Lourdes, o in altri luoghi capaci di portare un po’ di sana benedizione al povero Felipe Massa, per l’ennesima volta coinvolto in un incidente alla prima curva – la terza nel Mondiale, seconda consecutiva – di cui sostanzialmente non ha colpa e che stavolta gli è pure costato un solenne spavento. Insomma, sembra ancora tempo di Mondiale: la Germania se la ride di gusto smentendo in maniera definitiva che anche i ricchi piangono, il Brasile si trova a gambe all’aria come dopo la semifinale con i tedeschi, la Gran Bretagna arranca in rincorsa e finisce con un palmo di naso, la Spagna si lecca le ferite e l’Italia… latita. Speriamo che cambi il vento – e magari anche qualcosa d’altro – nel prossimo futuro…