Verso la fine degli anni ’50 un settimanale francese pubblicò una curiosa foto di quello che era allora il maggior talento transalpino nel campo dell’automobilismo sportivo, il mitico Jean Behra, uno che sulle piste ha sempre dato tutto e anche di più senza forse mai raccogliere fino in fondo quello che avrebbe meritato il suo coraggio ed il suo talento. Uno che nel 1952 batté in una gara fuori Campionato a Reims quello che allora era imbattibile, ovvero il binomio Ascari-Ferrari, con la piccola Gordini, guadagnandosi il tripudio di una intera nazione, la Francia, dove da quel raro trionfo fu considerato un eroe. Quella foto ritraeva il simpatico Behra – il quale, per inciso, era famoso nel circus di allora per i suoi spietati e divertenti scherzi, il peggiore dei quali era staccarsi l’orecchio destro finto che portava dopo aver perso quello vero strisciando sull’asfalto in seguito ad un incidente nel Tourist Trophy ‘55 sull’Isola di Man – in una posa assai poco plastica in cui venivano mostrati uno ad uno i danni e le ferite che i numerosissimi incidenti in cui era incappato nella sua carriera avevano provocato sul suo fisico. La foto è del 1959 e, proprio in quell’anno, il povero Behra pagò il tributo più alto alla sua passione per le corse in macchina morendo durante una gara sportcar nell’assurdo, antidiluviano ed ai nostri giorni improponibile circuito berlinese di Avus, un impianto semipermanente i cui livelli di sicurezza erano da brividi e su cui oggi non si potrebbe correre nemmeno a piedi. Se non ci credete, potete scovare su Youtube le sbiadite immagini dell’incidente di Behra e vi assicuro che non crederete ai vostri occhi: la sua Porsche si arrampica sulla curva sopraelevata coperta di mattonelle per schiantarsi contro il palo di una bandiera (!) e precipitare su un albero al di sotto della la curva che non aveva la minima protezione esterna. Altri tempi, insomma. E per fortuna! Oggi la Formula 1 è cambiata, i circuiti e le corse sono infinitamente più sicure, la meticolosità nella preparazione degli eventi totalmente diversa e la percentuale di rischio, mai comunque azzerata come dimostrato dall’incidente di Jules Bianchi in Giappone, è sicuramente infinitesimale rispetto a quella che correvano i piloti ai tempi di Behra. Però la sua foto così ironica e così naif è davvero un curioso termine di paragone rispetto al buio, fitto ed in fondo inspiegabile del mistero Alonso. Perché diciamolo: fra la spiattellata sfrontatezza di Behra ed il silenzio di McLaren, Honda, Federazione ed entourage del pilota rispetto a quanto accaduto realmente nei test di Montmelò c’è una differenza quanto meno stridente. Ordunque, ben venga la privacy, sicura conquista di civiltà dei tempi moderni e sulle condizioni del pilota, se questo è il desiderio della famiglia, non sarò certo io a voler forzare la mano nel senso di una “fuga di notizie”. Ma questa strana vicenda del quale si è detto tutto ed il contrario di tutto – dalla scossa elettrica scaricata dal motore ibrido o dalle leve del cambio ad un errore di guida, dall’improbabile ed un po’ grottesca spiegazione “del vento” data dalla squadra alla ben più inquietante dichiarazione di Ron Dennis che non esclude che Fernando abbia perso conoscenza “prima” dell’impatto – è l’ennesima dimostrazione di una tendenza strana ed autolesionista che, da un po’ di tempo a questa parte, sta attanagliando tutto il mondo della , come avviluppato su sé stesso. Si tratta della gelosia delle informazioni, della preoccupazione che “si sappia qualcosa”, della necessità di nascondere tutto, comprese le macchine nei box dietro ai teloni prima che qualche occhio indiscreto possa “copiare” le soluzioni. Una sorta di omertà di cui non si vede il motivo, come se qualunque informazione circoli sulla realtà possa essere al centro di una spy story stile Ferrari-McLaren di qualche anno fa. Avete notato che non si riesce più a sapere nemmeno perché una vettura si ritira? La risposta ormai automatica alla domanda “cosa è successo?” posta dal cronista di turno al pilota tornato a piedi ai box è “non so, dobbiamo vedere la telemetria”. Ma figurati se non lo sai… Sembrerà un dettaglio, forse di poco conto. Ma tutto questo clima di distacco ed anche un po’ di diffidenza che si è creato intorno alla Formula Uno – che prima ha “ucciso” nel seguito del grande pubblico europeo tutte le altre categorie di competizioni e poi ha perso l’appeal che il suo monopolio le assicurava fra il pubblico – è anche dovuto a questo eccesso di zelo: se anche l’appassionato fosse messo al corrente che un cambio si è rotto o che ha ceduto un freno, verrebbe messo in condizione di parlarne al bar, di farsi un’idea ed una opinione, perfino di giudicare. Insomma, di fare più “suo” quell’avvenimento sportivo che ha seguito. Cosa ne sarebbe del calcio se non se ne potesse parlare con nessuno il lunedì mattina per mancanza di informazioni? Insomma, nella Formula Uno di oggi ci vorrebbe un Jean Behra che rompesse le consuetudini, parlasse chiaro e, magari con ironia, fosse anche capace di ammettere i propri errori, rompendo il silenzio che, inevitabilmente, si trasforma sempre più in una “barriera” per il pubblico. Intanto, però, di Alonso si sussurra – sempre a bassa voce e sempre senza citare le fonti – che non correrà a Melbourne. Il perché dal suo incidente e del trauma cranico che si dice ne sia seguito resta avvolto nel mistero…