Una corsa normale con una strategia normale, condizioni normali e situazioni di pista normali. E, nella normalità nel Gran Premio di Cina, come è normale ha vinto la Mercedes. O meglio, ha vinto Lewis Hamilton, in questo momento nettamente il migliore fra i piloti a disposizione di Niki Lauda e Toto Wolff all’ombra delle Frecce d’Argento. Tutto secondo i piani, tutto secondo le previsioni. Si tratta dunque di un raffreddamento dei sogni di gloria della Ferrari forse troppo velocemente accesi dopo l’inaspettato trionfo di Sepang? Niente affatto. Proprio per la “normalità” della corsa di Shanghai la posizione della Ferrari risulta rafforzata e le prospettive per il futuro, a mio modesto parere, sempre più rosee. Perché proprio in una situazione in cui nulla che non dovesse accadere è accaduto, la Ferrari ed in particolare Sebastian Vettel, hanno confermato di essere tornati assolutamente competitivi, di avere un passo gara molto vicino a quello della Mercedes e di essersi messi comodamente e facilmente alle spalle tutti gli altri avversari, compresi quelli motorizzati Mercedes. Se pensiamo alla situazione in corsa di solo qualche mese fa e all’aria di remissiva sconfitta che si respirava negli ambienti del Cavallino, il cambiamento è epocale. Insomma, se la corsa di Sepang ci ha detto che la Scuderia di Maranello aveva definitivamente “alzato i livelli di guardia” tornando devastante dal punto di vista strategico – storicamente un suo punto di forza che aveva ultimamente perso decisamente smalto – e sapendo approfittare con freddezza di ogni minimo errore dell’avversario più temibile fino a batterlo sul suo campo – in casa della Petronas – la gara di Shanghai ci ha confermato che quel successo non era frutto del caso, delle safety-car “amiche”, della confusione generata in casa Mercedes dall’inatteso potenziale delle Rosse e dall’innegabile effetto sorpresa così determinante due settimane fa. Ora la Ferrari è una credibile avversaria della Mercedes perché, se non ancora in qualifica, in gara tiene il passo, è vicina, è competitiva ed affidabile. E soprattutto, ha un pilota – ma probabilmente anche due – che ci crede veramente e non “per contratto”, come forse aveva fatto nella sua poco fortunata vita da Ferrarista Fernando Alonso. Ecco perché Shanghai, come del resto Sepang, costituisce un eccellente punto di partenza: se l’avvicinamento alla Mercedes procederà con la stessa rapidità che ci hanno testimoniato queste prime tre gare, a metà stagione ce la si giocherà ad armi pari: uno scenario che qualche mese fa era a dir poco improponibile. L’essenza del Gran Premio della Cina è tutta qui: il resto è puro contorno. Anche perché di emozioni, fatta salva la sempre esaltate epopea-Ferrari, questa Formula 1 ne concede sempre poche. Ma all’ineffabile Bernie va bene così, almeno stando a quanto continua a dichiarare incessantemente rispetto alla salute di quella “creatura” che sempre di più sente cosa esclusivamente sua. Eppure, la scarsa competitività di tutti gli altri team – perché il livello “a centro gruppo” è oggettivamente scarso, anche per la pallida Williams e per la ancor più pallida Red Bull – non è certo un bene per la Formula 1. Shanghai ci ha detto chiaramente – se ancora qualcuno non lo avesse capito – che la classifica la fanno le macchine e non i piloti, i quali contano talmente poco da essere sostanzialmente invarianti rispetto al risultato. Senza i problemi di freni, persino il re dei pasticcioni Pastor Maldonado sarebbe finito settimo davanti al compagno di squadra Romain Grosjean, in una classifica scandita “dalle coppie”, mentre l’avere due grandi talenti come Jenson Button e Fernando Alonso non giova a nulla alla triste McLaren – che tra parentesi ha una delle più brutte colorazioni della sua lunga storia – e non incentiva il lavoro degli uomini della Honda. I recenti successi della Ferrari non devono far perdere di vista i problemi della Formula 1 che rimangono e che, senza un cambio di rotta, finiranno per sancirne la fine. Correre in quattro non è divertente. Ed avere sedici Marussia alla linea di partenza, nemmeno…