Arriva in Italia il vaccino per il vaiolo delle scimmie, al momento distribuito solamente a 4 Regioni, quelle che hanno più casi: Lazio, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. A comunicarlo è il Ministero della Salute con una circolare nella quale spiega che al momento la vaccinazione è diretta a persone particolarmente esposte al virus, ossia lavoratori di laboratorio, persone gay e transgender e uomini che hanno rapporti con altri uomini, le categorie più a rischio secondi i dati.
“Al momento, la modalità di contagio e la velocità di diffusione, così come l’efficacia delle misure non farmacologiche fanno escludere la necessità di una campagna vaccinale di massa” scrive il Ministero. Il vaccino commercializzato è Imvanex ed è indicato sopra i 18 anni di età. La vaccinazione prevede due dosi a distanza di almeno 4 settimane 28 giorni una dall’altra. In una nuova circolare, il Ministero ha stabilito poi l’assegnazione delle prime quote del vaccino antivaiolo Jynneos dopo l’arrivo delle prime dosi dalla Commissione Europea. Come si legge nella nota, “si è stabilito di suddividere le dosi di vaccino attualmente disponibili tra le Regioni con il più altro numero di casi segnalati ad oggi e ripartite come segue: Lombardia 2000; Lazio 1200; Emilia-Romagna 600; Veneto 400”.
Dosi del vaccino divise tra quattro regioni
La prima tranche di vaccino contro il vaiolo delle scimmie conta 5.300 dosi: queste sono state suddivise tra Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto, le regioni con più casi. Presto arriveranno altre per un totale di 16 mila. “In attesa della successiva tranche di donazione (attualmente prevista per la seconda metà di agosto) sarà messa da subito a disposizione, per le regioni e PA che ne facciano richiesta, una quota di dosi (multipli di 20 fino a 60 dosi)” prosegue la nota del Ministero. Una quota di vaccino resterà stoccata presso il Ministero della Salute, utile per eventuali emergenze.
Oggi, spiega Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, “la stragrande maggioranza dei casi di vaiolo delle scimmie in Italia, circa 550 con un trend in aumento, riguarda persone di sesso maschile della comunità gay, ma sarebbe scorretto pensare che il contagio rimarrà confinato all’interno di questa popolazione. L’infezione da monkeypox non è collegata all’orientamento sessuale ma la sua trasmissione richiede un contatto fisico importante quale è appunto il contatto sessuale”. Infine Sileri ha lanciato un allarme contro la stigmatizzazione: “non dobbiamo commettere l’errore, fatto negli anni Ottanta ai tempi dell’AIDS, di credere che la malattia riguardi solo quella comunità”. Al momento 501 casi riguardano gli uomini e solo 4 le donne.