Diversi casi segnalati di infezione di vaiolo delle scimmie, tecnicamente detto “Monekypox virus”, si stanno verificano in Spagna, Portogallo, Regno Unito e adesso anche in Italia, dove il primo caso è segnalato all’Istituto Spallanzani di Roma dopo che una persona, di ritorno da un viaggio alle Isole Canarie, si è presentato al pronto soccorso. Come ci spiega in questa intervista il professor Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa di malattie infettive al Policlinico Gemelli, “i sintomi che la persona deve aver rivelato sono quelli tipici del vaiolo e cioè febbre, dolori muscolari, mal di testa, ingrandimento dei linfonodi e soprattutto le tipiche pustole, piccole croste a livello cutaneo che si verificano quando si è colpiti da questa malattia”.
Giustamente il professor Cauda ci tiene a minimizzare la gravità di questa infezione, spiegando che “si guarisce da soli nel giro di un paio di settimane” e che soprattutto “molto difficilmente si diffonde da uomo a uomo”. Va però detto che non si vaccina più nessuna persona al mondo dal 1979, quando il vaiolo fu considerato eradicato, cioè scomparso: l’ultimo caso di vaiolo contratto in natura fu diagnosticato in Somalia il 26 ottobre 1977. Si trattò dell’unica malattia eradicata nella storia dell’umanità fino al 2011, quando la peste bovina ha subito lo stesso destino. Dobbiamo essere preoccupati che non esista un vaccino?
Sono stati segnalati alcuni casi di vaiolo delle scimmie, anche in Italia. Di cosa si tratta?
È un virus della stessa famiglia del vaiolo ma molto meno diffusibile e molto meno grave. Al momento sappiamo che sono stati segnalati casi in Portogallo, Spagna, Regno Unito e anche in Italia. Si sta procedendo come necessario a tutti i tracciamenti possibili per risalire a tutte le persone eventualmente contagiate che ancora non mostrano sintomi.
Quali sono i sintomi e come si trasmette?
Si trasmette all’uomo attraverso gli animali, è molto meno frequente che si trasmetta da uomo a uomo. Le infezioni avvengono prevalentemente per contatto incidentale con animali infetti o con persone che hanno soggiornato in zone a rischio. Il contagio avviene per contatto diretto con le lesioni, con i fluidi corporei, in particolare con i rapporti sessuali e con gli indumenti contaminati. Si presenta con febbre, dolori muscolari, mal di testa, ingrandimento dei linfonodi, e soprattutto ciò che caratterizza la malattia è la comparsa di lesioni cutanee simili a quelle del vaiolo umano: le vescicole si tramutano in pustole sino alla loro estinzione per, diciamo, “essicatura”. Questo virus delle scimmie è decisamente meno grave del vaiolo classico e si guarisce spontaneamente nel giro di un paio di settimane.
Però si è smesso di fare la vaccinazione contro il vaccino a fine anni 70.
In realtà, pur essendo il vaiolo eradicato, viene ancora prodotto un vaccino seppur in misure molto piccole, l’Imvanex. Dopo gli attacchi alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, il governo americano ipotizzò il rischio di attacchi bioterroristici con l’uso del vaiolo. Ci fu forte preoccupazione perché non c’era abbastanza vaccino per tutti, tanto che si studiò la possibilità che mezza dose fosse sufficiente per ogni persona. Fortunatamente questi attacchi non si sono mai verificati.
È esagerato parlare di possibilità di una epidemia?
Assolutamente sì. È giusto fare dei tracciamenti ed essere informati. Chi ha questi sintomi senta il proprio medico per tracciare i contatti, chi è vaccinato si deve sentire protetto. Teniamo presente che questo vaiolo delle scimmie è presente anche nei roditori, che sono certamente più diffusi e non abbiamo mai subito una epidemia. Occorre guardare a questa malattia nelle giuste prospettive senza creare allarmismo ma senza avere allo stesso tempo un atteggiamento di faciloneria.
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