1917 morti, intesi paesi distrutti e una ferita non rimarginabile: 56 anni fa il disastro del Vajont, il disastro umano ed ambientale causato dalla caduta di una frana dal soprastante pendio del Monte Toc. Un giorno di lutto e di ricordo, un dramma indimenticabile che ha segnato la storia di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Dilagano gli omaggi ai vigili del fuoco che lavorarono senza sosta per 72 giorni e salvarono decine di vite, Debora Serracchiani ha parlato di «una ferita dolorisissima per tutto il Paese. Impossibile dimenticare». Così il governatore del Veneto Luca Zaia: «Quella di oggi è una data divenuta un monumento morale contro il più incauto e incosciente sfruttamento della natura da parte dell’interesse dell’uomo. È una ferita atroce e mai rimarginata nel cuore di molti nostri corregionali. È un monito affinché la politica sia buon governo, capacità di prevenire e intervenire creando condizioni di sicurezza e sia strumento essenziale per dare sempre garanzie di giustizia». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



VAJONT, IL RICORDO DI CASELLATI

La presidente del senato, Elisabetta Alberti Casellati, ha voluto far sentire la sua vicinanza alle vittime del disastro del Vajont, oggi che ricorrono i 56 anni da quell’immane tragedia: “Indelebile è il ricordo di tutto quel dolore – le parole della forzista riportate da il Friuli.it – dello smarrimento e della disperazione dei sopravvissuti; dell’orrore dei corpi straziati recuperati dal fango e dalle macerie degli edifici; di quel senso di fragilità, di precarietà e di impotenza che nella notte ha lacerato e sconvolto le coscienze di tutto il Paese”. La Casellati ricorda come quella tragedia fosse stata annunciata, un disastro “provocato e favorito dall’incompetenza e dall’incoscienza del fattore umano. Responsabilità che devono essere motivo di profonda riflessione sull’urgenza di non sottovalutare i segnali di allarme provenienti dai cambiamenti climatici in atto – è il monito della stessa Casellati – dai sempre più frequenti casi di rischio idrogeologico e dai tanti altri pericoli innescati da uno sfruttamento irresponsabile dell’ambiente e delle sue risorse”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



VAJONT, 56 ANNI FA IL DISASTRO

Era la notte del 9 ottobre 1963, alle 22.39 quando la diga del Vajont venne giù provocando uno dei drammi più assurdi e letali del Novecento italiano: nel bacino artificiale sulla costa del Monte Toc una enorme frana si staccò (lunga 2 chilometri) e provocò un’ondata di altezza inimmaginabile con 270 milioni di metri cubi di rocce e terra che si riversarono sui paesi sottostanti. In circa 20 secondi un’intera vallata venne spazzata via dalla furia dell’acqua e del fango provocando 1918 morti: addirittura venne creata una scossa sismica per l’impatto, con un effetto devastante simile ad una bomba atomica. Un disastro purtroppo “annunciato” dopo che per anni diversi ricercatori, giornalisti e politici locali avevano dato l’allarme sulla pericolosità di una diga di quel tipo con la montagna tutt’altro che stabile lì di fianco. La caduta della colossale frana nelle lago provocò una tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso, l’onda superò la diga e il Vajont si trasformò in quella tragedia che purtroppo noi tutti conosciamo.



56 ANNI DALLA TRAGEDIA DEL VAJONT: IL MONITO ALLA POLITICA

«Avevano gli occhi sbarrati, nelle loro facce imbiancate dal fango secco del Piave: erano giovanissimi alpini di leva, della brigata Cadore, e avevano appena visitato un girone infernale», raccontava lo storico Marco Cimmino guardando le immagini Rai immediatamente successive alla tragedia del Vajont, ben 56 anni fa. Detriti, rottami, case e strade distrutte e soprattutto “relitti di corpi” che in mesi vennero con fatica ricostruiti per dare un nome e una croce alle povere innocenti 1918 vittime. I pompieri ancora in vita che oggi raccontano quei soccorsi senza fiato fanno impressione per la lucidità e la testimonianza comprovata a 56 anni dalla tragedia della diga crollata: «Un inferno, dopo il passo di Sant’Osvaldo non c’era più nulla. Il ricordo di quello scenario è strano: sembrava un paesaggio lunare, non riconoscevo più quei territori», hanno spiegato al Messaggero Veneto. Per il Governatore Luca Zaia il senso del Vajont funge anche da memoria e monito per l’intera politica nazionale «il 9 ottobre è una data, divenuta un monumento morale contro il più incauto e incosciente sfruttamento della natura da parte dell’interesse dell’uomo. È una ferita atroce e mai rimarginata nel cuore di molti nostri corregionali. È un monito affinché la politica sia buon governo, capacità di prevenire e intervenire creando condizioni di sicurezza e sia strumento essenziale per dare sempre garanzie di giustizia».