L’IMPUT DEL MINISTRO VALDITARA CONTRO LA POVERTÀ: “ALTRO CHE REDDITO, SERVE LA SCUOLA DI CITTADINANZA”

Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara lancia un’altra importante iniziativa per la Legislatura che possa unire la problematica riforma del Reddito di Cittadinanza e il tema non da poco della scolarizzazione e formazione: nella sua lunga intervista a Pietro Senaldi su “Libero Quotidiano” il Ministro in quota Lega afferma di voler rimandare a scuola chi percepisce il Reddito di Cittadinanza. O meglio, «Più che rimandarlo, vorrei mandare a scuola chi non ha completato l’obbligo scolastico, e chi fra i 18 e i 29 anni non lavora, non si forma, non studia: sono 360.000 giovani. Se il reddito di cittadinanza dev’essere un’occasione di riqualificazione professionale, non può prescindere dalla scolarizzazione».



Alla critica netta e dura dei sindacati che giudicano la proposta di Valditara come potenzialmente negativa, il titolare del MIUR replica, «Solita posizione ideologica che scinde lavoro da apprendimento, quindi dalla capacità di svolgerlo. Ma se si è tutti uguali e il merito non si premia, è più facile che si finisca tutti senza diritti piuttosto che tutti ben pagati e soddisfatti». Ad oggi sono ben 140mila i percettori di Reddito di Cittadinanza che sono sotto i 30 anni e che hanno solo la licenzia media, «e in alcuni casi soltanto la licenza elementare, o neppure quella. Mi creda, contro la povertà è più utile una scuola di cittadinanza piuttosto che il reddito di cittadinanza».



SCUOLA DEL ’68, BULLI E… : COSA HA DETTO IL MINISTRO MIUR VALDITARA

Dal “confino” degli smartphone in classe alla possibilità di lavori socialmente utili per i “bulli”, sono già diverse le proposte partorire dal neo-Ministro Valditara all’insegna della parola cardine del suo programma, inserita nella stessa dicitura del suo Ministero, ovvero “merito”. «Si è fatta tanta polemica sul concetto di merito, che invece è la sola cosa che consente di fare della scuola un luogo di realizzazione personale e valorizzare i talenti individuali dello studente», spiega il titolare del Miur a “Libero” contestando quasi 60 anni di scuola e cultura impregnate degli effetti del 1968. «La sinistra ha puntato sul livellamento, abbassando il livello d’insegnamento, con la conseguenza che i più ricchi hanno potuto trovare vie alternative per educare i propri figli mentre i figli dei più poveri si sono trovati imbrigliati in una scuola che ha perso la capacità di promuovere socialmente offrendo opportunità di realizzazione professionale a tutti», sottolinea ancora il Ministro Valditara contestando la cultura “del ’68”. Quel periodo storico e la classe di insegnanti che ne è seguita vedeva la costante «La negazione dell’autorità, che è cosa ben diversa dell’autoritarismo, l’aver messo sullo stesso piano il messaggio di chi sta in cattedra, per insegnare, e le opinioni di chi sta sui banchi, per apprendere. Il distorto approccio culturale della liberazione da ogni limite ha creato le premesse perla degenerazione della scuola di cui oggi cogliamo i frutti».



L’idea in mente al Ministro dell’Istruzione è il ripensamento stesso della “base” della scuola: gli studenti e gli insegnanti. «Ho semplicemente in mente una scuola seria, che rimetta al centro l’apprendimento e l’impegno. Per farlo, è necessario ripristinare l’autorevolezza dei docenti. La parola chiave dev’essere rispetto: delle persone, degli studenti, delle cose», spiega Giuseppe Valditara ribadendo la sua proposta sull’emergenza bullismo, «Lo studente che perseguita un compagno, aggredisce un insegnante o devasta la propria scuola deve prendere coscienza del proprio errore. La sanzione serve a far capire al bullo che il suo ego ha dei limiti, coincidenti con il rispetto degli altri. La sospensione emargina e non promuove l’autocritica. I lavori socialmente utili sono formativi, rafforzano il patto di legalità che vuole che chi sbaglia, paghi». Per quanto riguarda invece la valorizzazione del merito per gli studenti e gli insegnanti, Valditara si dice convinto: «si persegue costruendo i percorsi formativi il più possibile ritagliati sul singolo, facendo emergere le abilità di ciascuno, anche introducendo docenti tutor che seguano chi ha più problemi ma pure chi va più veloce e magari in classe si annoia. Importante è che la scuola sappia orientare lo studente a fare le scelte formative giuste».