L’importante è finire, cantava una nostra filosofa di riferimento (Mina). Ma è ancora più importante deciderlo senza che nessuno te lo imponga. A 42 anni, dopo nove titoli Mondiali, Valentino Rossi ha annunciato il suo ritiro a fine stagione. Proprio nel giorno dell’annuncio, che ha fatto slittare in basso una splendida giornata olimpica, con il settimo oro italiano di Massimo Stano nella marcia e i bronzi di Greg Paltrinieri nella 10 km di nuoto e di Vittoria Bottaro nel judo, Gigi Buffon, che va per i 44 (28 gennaio) raccontava a Dario Cresto-Dina (Repubblica) la sua voglia di continuare: “Io mi sento un artista e non ho voluto smettere perché credo che un artista coltivi sempre il desiderio di mettere in mostra il gesto, se ancora ne è capace, per appagamento personale e una certa dose di narcisismo”. 



Valentino Rossi il prossimo 16 febbraio ne avrà 43, praticamente, sono coetanei, ma il “Dottore” è sceso dalla moto: “Avrei voluto correre per altri 20/25 anni ma non è possibile. È stato bello, ho vissuto momenti indimenticabili in cui mi sono divertito un sacco. Ora, dall’anno prossimo, la mia vita cambierà. Negli ultimi anni non mi sentivo ancora pronto, ma adesso sento che è il momento giusto”. 



Subito si è scatenato il plauso generale, anche da parte di coloro che più o meno apertamente gli hanno chiesto da anni di mollare, visto che è dal 2009 che il ragazzo di Tavullia che esordì diciassettenne e ha vinto un titolo in ogni categoria (l’unico), non acchiappa più nulla. La diversità tra Buffon e Rossi è la consapevolezza che il tempo di “artista”, come dice SuperGigi, si è esaurito. Questa consapevolezza non te la può dare nessuno, come nessuno può indicarti la via delle retrovie o quella di un’altra prospettiva. Ci devi arrivare da solo. 

È un’epifania, cioè una manifestazione che appartiene all’io. E, nello sport, non è legata alle vittorie, come la nostra cronica assenza di cultura sportiva ci detta, ma al desiderio, al coraggio, all’istinto. Sì, all’arte, in definitiva. Non è solo la ricerca del successo che ti spinge a continuare, è il divertimento, il senso della sfida, dettagli molto personali. 



Per Valentino Rossi tutto questo è finito. Adesso ci saranno altri stimoli, altre sfide, una nuova vita, magari i rally, le auto, altri motori. Il matrimonio? Chissà. L’ha scelto lui, però, non se l’è fatto indicare da noi o dai tanti che lo invitavano a mollare perché non vinceva più. La sua scelta lo renderà felice. Non sono esclusi i rimpianti, i ricordi, come per tutti quelli che vivono intensamente quello che fanno e poi se ne staccano. Ma la vita ha valore perché non è determinata dagli accadimenti esterni, da una vittoria o da una sconfitta. Conta quello che sei e che ti porti dentro. Dunque buona vita, Valentino. Non è cambiato niente.