Nei giorni scorsi aveva fatto non poco discutere la revoca della scorta a Valeria Grasso, vittima del pizzo nonché importante testimone di giustizia contro il clan dei Madonia, presa dal Ministero dell’Interno. Del caso si è occupata la trasmissione Le Iene con un’intervista realizzata da Antonino Monteleone. “E’ pericolosa l’aria che tira perchè io vedo che c’è un attacco a chi si è messo in prima linea contro la mafia”, aveva dichiarato la donna divenuta simbolo della lotta alla mafia. “Io sono una donna che ha denunciato un clan mafioso importante e sanguinario, il clan dei Madonia, mandante della strage a Borsellino”, ha raccontato la donna ai microfoni della trasmissione. Valeria Grasso non chiede la scorta: “Io non la voglio”, ha tuonato, “come non avrei voluto andare in località segreta”. Da anni Valeria spera di sentirsi dire di non essere più in pericolo: “Io lo voglio leggere per iscritto”, dice. I rischi che corre lei e la sua famiglia sono tanti in quanto il clan Madonia, come spiega il magistrato antimafia Roberto Tartaglia, “rappresenta in maniera più significativa la storia di Cosa Nostra palermitana”.
VALERIA GRASSO, RESTITUITA LA SCORTA A TESTIMONE DI GIUSTIZIA
Del pericoloso e sanguinario clan dei Madonia, Valeria Grasso ha denunciato l’intera famiglia e in particolare la donna del clan, Mariangela Di Trapani, il “boss in gonnella”, in seguito a delle richieste estorsive. In 26 membri del clan finirono in manette, alcuni membri della famiglia all’ergastolo ma il clan non è stato affatto sconfitto. Valeria aveva una palestra nel territorio gestito dal clan e quando il loro immobile è stato confiscato dallo Stato a lei avevano imposto di continuare a pagare il canone di locazione, ricattandola per mesi. A quel punto la donna decide di cedere e dare in gestione l’attività ma il clan continuò a chiederle il pizzo, che però veniva chiamato “affitto”, per sempre diventando una esattrice della mafia. Questo l’avrebbe resa loro complice e, davanti ad un bivio, decide di fare la cosa giusta e denunciare, mettendo la sua vita in pericolo. “Io ho scelto ed ero consapevole della mia condanna a morte”. E così 8 anni fa Valeria entra nel programma di protezione testimoni, trascorrendo due anni in una località segreta insieme alle figlie prima di tornare a Palermo, dove però ricominciano le minacce che le portano a trasferirsi a Roma. Ma la mafia non dimentica e qui i guai non mancano con varie “promesse di morte”. Nonostante questo, a gennaio 2019 le viene tolta la scorta. Poco dopo però la tutela le viene riattivata, fino a qualche giorno fa, quando a parole le è stato detto che nuovamente la scorta su Roma le è stata sospesa, ma non su Palermo. “Io continuo a ricevere schiaffi”, commenta Valeria. “Io mi considero una donna dello Stato, ma lo Stato da che parte sta?”. La domanda è stata posta al ministro dell’Interno: “Evidentemente le forze di polizia hanno ritenuto che non ci fosse un rischio si questo territorio”, ha spiegato. Pochi giorni dopo quell’incontro con il ministro, la scorta a Valeria è stata riattivata su tutto il territorio nazionale. La donna ha commentato: “Mi sento molto rassicurata, anche se io mi batterò perchè queste situazioni non accadano più”.