Non se ne parla molto in Italia, probabilmente perché Van Morrison è sempre stato un artista di culto, amato solo da una ristretta cerchia di appassionati. L’irlandese in realtà, almeno negli anni 70 e 80, è stato uno dei più grandi interpreti di sempre, dotato di una voce fenomenale, capace di scavare a fondo nel meglio della black music, dal blues all’R&B ma anche autore di canzoni di altissimo livello. Basta ricordare Moondance, Brown eyed girl, Gloria, o dischi come Astral weeks.



Sono passate così sotto banco l’uscita di tre canzoni inedite ( “No More Lockdown”, “As I Walked Out” e “Born to Be Free”; una quarta, con Eric Clapton, uscirà il 18 dicembre) “anti lockdown”, canzoni di protesta come mai l’irlandese aveva fatto in vita sua, da sempre cantore piuttosto della ricerca spirituale e dell’intimismo più trascendentale.



Oggi, come tanti, Van Morrison è invece incazzato, diremmo furioso, contro le politiche del suo paese, le misure di sicurezza come quelle prese in Italia e in ogni paese dove infuria il Covid (il Regno Unito è uno dei paesi che ha avuto più vittime, per una condotta sanitaria inizialmente sconsiderata: 1,63 milioni di contagi e oltre 58 mila decessi): distanziamento sociale, lockdown più o meno “soft”, chiusura di bar e ristoranti e attività commerciali. Certo, capiamo che per un irlandese la chiusura dei pub deve essere qualcosa di difficilmente sopportabile da indurlo a questa furia.

“Niente più minacce”, proclama Morrison in “No More Lockdowns” aggiungendo “Niente più celebrità / Dicendoci quello che dovremmo provare” facendo riferimento ai tanti nomi noti che sono usciti allo scoperto invitando la gente a usare le mascherine (pensiamo al suo collega Bruce Springsteen per dire uno). Van Morrison riscopre le sue origini proletarie e decide di mettersi a capo di quelli che in molti dicono essere “i senza voce”, coloro che subiscono danni economici per via delle politiche governative. Il sermone ribelle di Morrison prosegue: “Basta con lo stravolgimento del governo / Non più polizia fascista / Disturbare la nostra pace / Non più prenderci la nostra libertà e i nostri diritti dati da Dio”.

Mah, polizia fascista… verrebbe voglia di invitare Van Morrison a farsi un giro in Venezuela o nella Russia di Putin per capire cosa sia polizia fascista.

 “Ci stanno dicendo che è per la nostra sicurezza / Quando è davvero per schiavizzare”: questa è la frase che, più o meno, si trova continuamente nei social. Il governo è cattivo perché ci impone quello che vuole lui. Metteteci dentro i cattolici infuriati perché non possono andare alla Messa di mezzanotte a Natale, metteteci dentro chi non può più fare happy hour, metteteci chi non può spostarsi in macchina, chi non può andare a sciare, chi non può fare il veglione di Capodanno, metteteci dentro un po’ tutti: siamo vittime della privazione della nostra libertà personale. E’ vero, ma forse non si tiene conto che questa privazione viene fatta in nome di un bene comune e, per dirla alla Zaia (che non è certo di sinistra, anzi) “non sarà uno Spritz in meno a farvi male”.

Ma è tutto un complotto, orchestrato dai media, che diffondono terrorismo, mettendoci paura. Non è un problema di quasi mille morti al giorno, evidentemente.

Davanti a questo diventa un eroe anche uno come Donald Trump, su cui ricade il sangue di decine di migliaia di persone per la sua politica sconsiderata nei confronti del virus. Il giornalista John Demetry è arrivato a definirlo un eroe punk rock per essersi strappato la mascherina dal balcone della Casa Bianca una volta finita la quarantena per essere risultato positivo al Covid.

In “As I Walked Out”, canta Morrison, “Tutte le strade erano vuote / diffondevano paura e disgusto e nessuna speranza per il futuro /. . . perché non ci viene detta la verità? I media e i loro lacchè del governo. . . / Perché funzionano e perché no? “

In “Born to Be Free” Morrison si spinge fino al Muro di Berlino: “La nuova normalità non è normale / Non è affatto normale / Sembra che tutti soffrano di amnesia / Sto solo cercando di ricordare il muro di Berlino”. Be’ amico, questo è un insulto gravissimo a chi dalla parte sbagliata del Muro di Berlino ci ha vissuto veramente.

Fa paura questa rabbia che emerge ovunque in questo momento storico. Non è una rabbia che si volge, come succedeva una volta, in modo comunitario a richiedere riconoscimenti come diritti civili, condizioni di lavoro migliore. No, è una rabbia individualista, singola, di chi si erge come portatore di una libertà di fatto inconsistente, virtuale. Non è una voce comune, ma un coro di voci stonate, ognuna di esse attaccate all’ombelico della propria visione delle cose maturate sui sociali. Di chi si sente attaccato perché le sue fragili radici si reggono su poco o nulla e allora è disorientato e confuso. Il Covid ha portato alla luce tutto quello che giaceva nel sottofondo dell’umanità: la mancanza totale di ogni empatia. Non avendo nessuno da attaccare, si inventa un nemico inesistente.

Rispettare i blocchi e le misure contro le pandemie non significa sottomettersi ciecamente alle autorità governative, ma seguire i consigli di esperti scientifici e di salute pubblica. Serve per salvare vite umane e sacrificare temporaneamente le libertà per il bene comune. È incredibile e doloroso come si possa distorcere la narrazione per far sembrare l’ideologia dei negazionisti come se fossero i portatori di standard di libertà.

In sostanza, Van Morrison, senza alcuna esperienza medica ci sta dando la sua opinione sulla consapevolezza razziale e su una malattia respiratoria contagiosa. No grazie. Rimaniamo a canzoni, caro Van, in cui ci davi esempi ben più illuminati: “no guru, no method, no teacher”.