“IL VAR NON SI CURA DELLA NATURA DELL’UOMO”

Gentile Direttore, sono un ex arbitro di calcio FIGC con 15 anni di attività e circa 500 partite ufficiali dirette e vorrei prendere spunto da quanto accaduto ieri sera ai Mondiali per una riflessione su quanto sta accadendo al calcio col VAR, stravolgendolo e mortificandolo, specchio di quanto sta succedendo alle nostre vite quotidiane. Ieri sera, nel concitato e bellissimo finale di Portogallo-Uruguay, un difensore per un normale contrasto è accidentalmente caduto e, cadendo, la sua mano ha toccato terra esattamente dove si trovava in quell’istante il pallone. La dinamica della caduta è stata del tutto naturale e la sua mano ha semplicemente fatto il movimento che qualunque mano umana avrebbe fatto cadendo a terra.

L’arbitro si è pertanto guardato bene dal fischiare fallo (“Mica uno può tagliarsi il braccio”) e la decisione non ha destato nemmeno troppe proteste. Ma a quel punto un deus ex machina è intervenuto dall’alto, bloccando tutto e cambiando la storia della partita: il VAR. Il VAR ha interrotto l’incontro, mostrato fotogrammi in cui era oltremodo evidenziato il contatto, incurante della natura dell’uomo che quando cade appoggia la mano a terra; la macchina si è limitata a constatare il contatto “geometrico” col pallone e in definitiva ha portato a decretare un calcio di rigore, imbarazzante per chi l’ha subito e per chi ne ha giovato, alterando artificialmente il risultato della gara. La presente non vuole essere l’ennesima provocazione nella lotta tra pro-VAR e anti-VAR, ma desidero mettere in luce due aspetti inquietanti che stanno investendo il calcio, ma a ben vedere anche ogni attività che definisce il nostro essere uomini.

“CON IL VAR NON È PIÙ AMMESSO L’ERRORE UMANO”

In primo luogo, non è più ammesso l’errore umano. Un grande allenatore di Serie A diceva che l’errore dell’arbitro è parte integrante e naturale della partita di calcio, come l’errore del portiere in uscita o dell’attaccante davanti alla porta. Ora no, non è più ammesso. L’uomo non può sbagliare, l’inciampo e il perdono non sono più categorie contemplate e pertanto si vuole estirpare la possibilità di sbagliare dell’uomo mettendogli sopra una macchina, una tecnologia, come se la tecnologia VAR non potesse sbagliare e al contrario consegnasse finalmente all’uomo l’utopia della giustizia assoluta.

E qui si accende la seconda considerazione, circa il ritenere la tecnologia (nella fattispecie, il VAR) più saggia e soprattutto più vera dell’uomo e del suo giudizio. Questa tendenza apre scenari aberranti. Di certo, la tecnologia è utile e va usata, ma a supporto del giudizio e del discernimento umano. Ben vengano tecnologie come la Line Technology che aiuta gli arbitri nello stabilire se il pallone è entrato o meno in porta, ma guai se la tecnologia pretende di sostituire l’uomo, come ormai – nei fatti – sta accadendo con il VAR. La tecnologia, qualsiasi tecnologia, è progettata e costruita da un uomo e pertanto non è esente da errori, come dimostrano i casi clamorosi di ieri (e, per citarne uno fra tanti, di Juventus-Salernitana), in cui il VAR ha annullato decisioni giuste dell’arbitro, sbagliando clamorosamente.

“IL VAR NON PUÒ SOSTITUIRE IL GIUDIZIO DELL’UOMO”

Al di là di questo, la tecnologia, anche la più perfetta, non potrà comunque mai sostituire l’uomo, perché la macchina riproduce un solo aspetto della complessità umana, ovvero il suo lato deterministico. Ma l’uomo è molto di più, il suo operare, sul campo di calcio, come sul lavoro e nella vita, è molto di più di un meccanico ripetersi di gesti: in ogni attività umana c’è uno spessore e un’origine che vanno oltre il modello meccanico replicabile da una macchina e pertanto una macchina non potrà mai capire interamente un gesto umano e giudicarlo nella sua totalità. Per questo è un grave errore ritenere che la tecnologia VAR possa sostituire il giudizio (pur passibile di errori) dell’uomo.

E non penso solo ai rischi del VAR, che sta lentamente sostituendosi all’arbitro, ma per esempio anche alla cura dei pazienti tramite algoritmi di Intelligenza Artificiale. che vorrebbero escludere o limitare l’attività del medico nel relazionarsi e curare il proprio paziente. Non sarà una tecnologia perfetta a liberare l’uomo dal suo errore, ma accettare il proprio limite e capire che la vera libertà è educarsi a conviverci, perché anch’esso è parte necessaria del cammino per la salvezza.

(Federico Cesari)