Sulla scena pandemica internazionale fa irruzione la variante Centaurus, ma attenzione: non si tratta di una nuova evoluzione del virus SARS-CoV-2. Semplicemente, questo è il nome che il mondo che la scienza ha inteso dare alla sottovariante Omicron BA.2.75, sino a poche ore fa definita “indiana“, poiché rilevata per la prima volta proprio in India a inizio maggio e, da quel momento, osservata anche in Gran Bretagna, in Australia, negli Stati Uniti d’America, in Germania e in Canada.



I virologi guardano con particolare attenzione a Centaurus, definita soltanto lo scorso 7 luglio dall’Ecdc come “variante da monitorare”. Stando ai primi dati scientifici di cui è possibile fruire, essa infatti sembrerebbe essere più trasmissibile o associata a malattie più severe, ma va anche precisato che il numero di statistiche certe relative a questo aspetto è ancora estremamente ridotto e non sufficiente a stabilire con esattezza la fondatezza di tali, prime impressioni ricavate dagli esperti. Secondo “The Guardian”, i virologi d’Oltremanica hanno fatto accendere la spia rossa dopo avere osservato l’elevato numero di mutazioni che BA.2.75 contiene al suo interno.



VARIANTE CENTAURUS, PERCHÉ PREOCCUPA GLI ESPERTI? “DIFFICILE PREVEDERE L’EFFETTO DI COSÌ TANTE MUTAZIONI INSIEME”

Sempre “The Guardian” ha chiesto ragguagli sulla sottovariante Centaurus a Tom Peacock, virologo dell’Imperial College di Londra, il quale ha asserito: “Non sono tanto le singole mutazioni, ma il numero di combinazioni di mutazioni che ci preoccupa. È difficile prevedere l’effetto di così tante mutazioni insieme, un quadro che conferisce al virus una sorta di proprietà ‘jolly’ in cui la somma delle parti potrebbe essere peggiore di ciascuna di esse. Sicuramente Centaurus è un potenziale candidato a sostituire Omicron 5. Oppure, è probabilmente il genere di cose con cui faremo i conti dopo, ovvero una ‘variante di una variante'”.



Intanto, i parlamentari inglesi hanno ufficialmente avanzato la richiesta di aumentare lo sforzo per persuadere i circa 3 milioni di adulti in Inghilterra che non si sono ancora vaccinati, neppure con la prima dose, mettendoli nuovamente e ulteriormente al corrente dei gravi rischi che corrono nel fronteggiare il virus senza un’adeguata protezione.