Caro direttore,
Da “Pazza Inter” a “Fozza Inda”: nell’anno del Covid non poteva che vincere lo scudetto l’unica squadra “cinese” del nostro campionato. Già l’anno scorso l’Inda (in questi tempi di Covid preferiamo chiamarla così, omaggiando l’ormai iconico incitamento lanciato via internet dal patron della Suning, Zhang Jindong) ci era andata assai vicino. Eravamo però in piena estate, con il virus più debole, gli italiani in vacanza che pensavano di esser venuti fuori dalla pandemia… E poi, per il calendario cinese il 2020 era l’anno del Topo, non proprio un animale capace di ispirare imprese titaniche.
Invece in questo 2021, anno del Bufalo, c’era da aspettarsi la grande cavalcata. Insomma, l’epilogo era scontato, e non stiamo certo parlando di campionato falsato per Var compiacenti o arbitri pagati. Per capirlo bastava guardare a quello che succede nel campo dell’economia: qual è l’unico paese al mondo che vede progredire il Pil? Cosa dite? La Cina? Xi (Jinping), risposta esatta!
Dunque, non si poteva farsi trovare impreparati al 19° scudetto dell’Inter. Né tanto meno alla – naturale – grande festa di massa dei tifosi nerazzurri. Oltre tutto, l’avviso ai naviganti era suonato sabato con la vittoria a Crotone, una ventina di ore prima che entrassero in campo Sassuolo e Atalanta: qualora i bergamaschi (come poi successo, è l’anno del Bufalo, non dimenticatelo!) non avessero superato i neroverdi, per la squadra di Antonio Conte (pardon, di Steven Zhang) sarebbe arrivato il momento di far festa. Fozza Inda, si brinda!
Così, intorno alle 17 di domenica 2 maggio, una chiassosa fiumana nerazzurra di 30mila tifosi ha cominciato a invadere le vie di Milano, accalcandosi intorno a piazza Duomo. Assembramenti da area di rigore intasata al 91° minuto quando la squadra che perde cerca disperatamente di pareggiare, più bandiere sventolate che mascherine indossate, poco rispetto per la distanza regolamentare (non dalla barriera, ma dai possibili contagi).
Risultato finale? “Un errore gravissimo che certamente costerà qualche vita umana. Abbracciarsi, urlare, cantare e via dicendo sono tutti sistemi validi per far esplodere il virus”, ha dichiarato su Rai3, commentando le immagini dei festeggiamenti, l’infettivologo Massimo Andreoni. Allarme condiviso anche dal virologo Fabrizio Pregliasco: “Fra 15 giorni si potrà vedere l’effetto negativo: parliamo di due cicli di incubazione, ciascuno di 4-5 giorni, anche perché adesso ci sono le varianti che colpiscono di più i giovani, quindi molti soggetti asintomatici che potrebbero facilitare la diffusione dei contagi. E non avremo conseguenze solo a Milano, probabilmente a raggiera un po’ in tutta la Lombardia”.
Nella polemica ci è finito anche il sindaco di Milano, Beppe Sala. Ironia della sorte, anche lui tifoso dell’Inda, ma – doppia ironia – forse l’unico che lo scudetto non se l’aspettava proprio questa domenica, con ben quattro giornate d’anticipo. Capiamo la scaramanzia, ma il tricolore (della sua fascia, non dello scudetto) che indossa in virtù del suo ruolo di sindaco impone dei doveri, a tutela della sicurezza della comunità (e non solo quella nerazzurra). Per Sala “era impensabile impedire che i tifosi scendessero in piazza”. Concesso. Ma non poteva, per esempio, transennarla? O gestire un afflusso e deflusso più ordinato dei tifosi? Né sta in piedi la sua difesa quando dice: “Sarebbe successo in qualunque città italiana”. Basta infatti rivedere le immagini dell’anno scorso di una Torino, in piena pandemia, semideserta di tifosi juventini dopo la conquista del nono scudetto.
Forse Sala ha pensato: “Che ci mando a fare i ghisa? Quelli (i supporter dell’Inda, ndr), pazzi di gioia accumulata a molla dopo dieci anni di zeru tituli, chi li ferma più? Come faccio a garantire i controlli, eh? Ci sarà chi correrà via veloce come Hakimi, chi dribblerà i vigili come Lautaro, chi li travolgerà come Lukaku…”. Eh, già Lukaku, il centravanti che c’ha la forza di un bisonte (vedete? E’ l’anno del Bufalo, è l’anno dell’Inda, non si scappa…), il centravanti che non si ferma nemmeno davanti a una saracinesca chiusa!
A proposito di saracinesche… Sabato 1° maggio – la vigilia della calca, mica mesi fa – il segretario del Pd, Enrico Letta, in una videointervista si è scagliato contro Matteo Salvini, definendolo “irresponsabile” perché “ha parlato più del coprifuoco alle 23 che del Pnrr”, un “errore profondo”: “Se i prossimi giorni – ha avvertito Letta – saranno gestiti irresponsabilmente saremmo costretti a richiudere a fine maggio. La politica non deve dare il massaggio del liberi tutti”.
Saranno sfuggite a Sala queste parole? Il sindaco di Milano ha detto che non capisce la strumentalizzazione politica “per racimolare qualche voto in più”, ma qui non si tratta di voti. Oppure dobbiamo pensare che per la sinistra mascherine, distanziamento, coprifuoco e regole varie valgono solo per “tenere giù la cler” di commercianti, ristoratori e baristi, cioè il popolo del centrodestra? E se invece un sindaco di centrosinistra lascia che si riempiano le piazze, nessuno ha niente da ridire?
Quanto alle parole di Sala (“Io non credo che le migliaia di famiglie che hanno festeggiato lo scudetto in tutta la città, tra l’altro in zona gialla, siano pericolosi attentatori della salute pubblica”) ricordano molto quanto disse, nel febbraio 2020, l’allora segretario del Pd, Nicola Zingaretti, partecipando all’aperitivo pubblico con i giovani dei Navigli: “Bisogna isolare i focolai ma non bisogna distruggere la vita o diffondere il panico. Quindi bisogna dare dei segnali di ripresa e rilancio”. Sappiamo come andò a finire.
Un Antonio Conte non ancora “dejuventinizzato” (Massimo Moratti dixit) avrebbe commentato: “Davvero agghiacciante!”…