Il presidente della Società italiana di virologia, Arnaldo Caruso, ha dato l’annuncio della scoperta, nel nostro Paese, di una variante italiana del Covid, imparentata e probabilmente antecedente alla variante inglese. E probabilmente caratterizzata, come quella, da una contagiosità maggiore rispetto al virus finora conosciuto. Abbiamo chiesto al professor Massimo Ciccozzi, ordinario di statistica medica ed epidemiologia all’Università Campus Biomedico di Roma, di spiegarci com’è avvenuta la scoperta e quali sono le sue possibili implicazioni. Ciccozzi ha svolto l’indagine epidemiologico-molecolare sulla variante Covid italiana isolata da Caruso a Brescia. Il campanello d’allarme è scattato, per Caruso, di fronte al perdurare insolito dell’infezione in un suo paziente, motivo che lo ha spinto a voler isolare il virus per studiarne le mutazioni.



Professore, come si è riusciti a isolare la variante italiana del Covid?

Il virus è stato isolato dal professor Caruso in un suo paziente immunodepresso asintomatico con infezione da Covid. Questo paziente era infetto da agosto, a novembre ha fatto un altro tampone ed è risultato ancora positivo. La persistenza molto lunga dell’infezione ha insospettito il professor Caruso, che ha voluto per questo fare delle verifiche. Abbiamo due isolamenti virali: uno ad agosto e l’altro a novembre, fatti su entrambi i tamponi del paziente.



A quando risale presumibilmente questa variante? È anteriore a quella inglese?

Ad agosto sicuramente c’era, perché Caruso l’ha isolata già nel tampone di agosto del paziente, io ne ho studiato le mutazioni. Quella inglese invece risale presumibilmente a fine settembre.

È caratterizzata da una virulenza più alta? E da una persistenza maggiore dell’infezione connessa?

La mutazione che ha questa variante non ha a che vedere con la virulenza. Dobbiamo comunque fare delle verifiche, Caruso sta facendo una sperimentazione sulle cellule per vedere se è più contagiosa di quella che circola in Italia già da tempo. La letalità però non c’entra.



Il fatto che l’infezione sia durata tanto tempo però è stato il campanello d’allarme che vi ha insospettito: la variante non risponde agli stessi trattamenti?

È un’osservazione giusta, però stiamo facendo delle verifiche sulle cellule. È anche possibile che la persistenza sia dovuta al fatto che il paziente in cui è stata isolata la variante è un soggetto immunodepresso.

Come avviene la mutazione di un virus?

Il virus muta perché il nostro sistema immunitario lo induce a mutare. Più fa mutazioni che non lo favoriscono (e la maggior parte, grazie al cielo, non lo favoriscono), più si adatterà a noi. È quasi meglio che muti in questo momento, visto che ormai la mutazione più importante, quella che l’ha fatto passare dal pipistrello all’uomo, l’ha già fatta. Le mutazioni avvenute finora, almeno da gennaio ad oggi, non hanno mai influito sulla letalità.

Sulla contagiosità invece?

La DG614 (la mutazione già rilevata a marzo sulla proteina spike, ndr) ha aumentato la contagiosità, è stato dimostrato nelle cellule: c’è un lavoro su Nature che ha confermato che i ceppi che avevano questa mutazione erano molto più contagiosi, cioè infettavano di più le cellule rispetto a quelli che non avevano la mutazione. Noi stiamo facendo la stessa cosa con la N501T (la mutazione della variante italiana, ndr), che è diversa dalla N501Y, quella della variante inglese. Gli inglesi dicono che la loro variante è molto più contagiosa, però si sono basati sull’osservazione epidemiologica. Hanno visto che in poco tempo questa variante infettava il 60-70% delle persone, quindi ne hanno desunto una maggiore contagiosità.

E voi state facendo gli stessi studi?

Noi lo stiamo verificando, abbiamo appunto un campione (quindi una sequenza con le sue mutazioni) di agosto e un altro di novembre, dello stesso paziente. Ora, la sequenza di agosto mostra di avere tre mutazioni in meno rispetto a quella di novembre. Vuol dire che quella di novembre, nel tempo, ha fatto tre mutazioni in più. E chiaramente da agosto a novembre ha mantenuto la N501T, cioè nella posizione 501 ha mantenuto N e T.

La variante italiana, così come quella inglese, non mette a rischio in alcun modo l’efficacia dei vaccini?

No, ad ora pare proprio di no, ma andranno fatti dei test. È un’operazione che andrebbe fatta su tutte le varianti che s’incontrano. Al momento però l’efficacia del vaccino non è intaccata, anche perché la spike è una proteina molto ben conservata e stimola comunque la produzione di anticorpi.

Potrebbero emergere altre varianti nel futuro, o potrebbero esserci varianti ancora non isolate già in circolazione?

Sì, certo, per questo è necessario che anche l’Italia faccia una sorveglianza molecolare, come fanno gli inglesi col loro consorzio.

Cioè?

Gli inglesi hanno un consorzio che fa la sorveglianza epidemiologico-molecolare, per questo hanno trovato la variante. Mentre per noi è stata un’intuizione che il professor Caruso ha avuto osservando il suo paziente, gli inglesi normalmente campionano il 10% dei pazienti, a tappeto. E chiaramente se cerchi le cose le trovi, quando ci sono. Un consorzio all’inglese secondo me andrebbe fatto in Italia.

Solo gli inglesi lo fanno?

Da quello che mi risulta, nel contesto europeo (o simil-europeo) sì.

Una domanda più generale sui vaccini: chi ha già contratto l’infezione deve comunque sottoporsi al vaccino? O è consigliabile un dosaggio degli anticorpi?

In teoria dovrebbe fare un dosaggio degli anticorpi, in pratica c’è un lavoro su Science che dice che chi ha avuto il Covid può essere immune dai 2 ai 5 mesi. Questo vuol dire che ogni mese una persona dovrebbe fare il dosaggio anticorpale per capire quand’è il momento di vaccinarsi, quindi tanto vale che si metta in fila e, quando è il suo turno, si vaccini. Anche perché la protezione anticorpale data dal vaccino è molto più persistente, mentre senza vaccino ci sono stati casi di reinfezione anche dopo uno, due mesi.

La vaccinazione fatta su una persona che ha già sviluppato gli anticorpi per una pregressa infezione, magari ignorata, che effetto ha?

Rinforza le sue difese, semplicemente.

(Emanuela Giacca)

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