Come ormai è purtroppo ben noto, la variante Omicron rappresenta un nuovo pericolo per l’uomo nell’ambito della lunga battaglia contro la pandemia di Coronavirus. Per quanto rimanga ancora piuttosto sconosciuta agli occhi della scienza, sulla mutazione iniziano ad arrivare i primi dati, grazie ai rapporti settimanali sulla situazione epidemiologica nel Regno Unito compilato dallo UK Health Security Agency. Stando a quanto riportato da Oltremanica, l’efficacia vaccinale (verso l’infezione sintomatica) subisce un calo significativo tra Delta e Omicron: nella formula con le due dosi di AstraZeneca, dopo sei mesi essa è risultata pari a zero e pari a 34% con due dosi di Pfizer.



Tuttavia, spiega il “Corriere della Sera”, la terza dose “riequilibra la situazione, portando i vaccinati con AstraZeneca come ciclo primario a un’efficacia del 71% e quelli con tre dosi Pfizer al 76% nel primo mese successivo all’inoculazione. Sebbene non sia il 95% offerto dalla terza dose con la Delta, è un valore considerato buono, soprattutto perché si sta ancora parlando di protezione verso il contagio. Tutti i vaccini in uso hanno sempre avuto valori di protezione verso i ricoveri e i decessi più alti di quelli riguardanti l’efficacia verso l’infezione”.



VARIANTE OMICRON SUPER CONTAGIOSA: DATI HORROR DAL REGNO UNITO

È ancora il “Corriere della Sera” a evidenziare come dal rapporto compilato in landa britannica emerga nitidamente che in UK “non ci sono ricoveri o decessi associati a Omicron, però ci sono pochissimi casi in gruppi ad alto rischio, compresi gli anziani. Il dato positivo confermerebbe le analisi provenienti dal Sudafrica, dove, dei pazienti positivi al Covid ricoverati negli ospedali di Pretoria, il 31% ha richiesto cure specialistiche o di terapia intensiva rispetto ai due terzi dei pazienti delle ondate precedenti”.



Insomma, questa variante potrebbe essere un po’ più mite, ma molto più trasmissibile, pare addirittura fino a 500 volte di più rispetto al ceppo originale di Wuhan. Omicron ha inoltre la capacità di reinfettare anche i vaccinati e nell’analisi dell’Agenzia inglese il 19% dei casi ha provocato focolai familiari contro l’8,5% dei casi Delta.