La terza dose di vaccino Covid a mRna ha un’efficacia del 37% contro la variante Omicron a 7 giorni dalla sua somministrazione. A lanciare l’allarme è uno studio canadese di un team guidato dalla Public Health Ontario di Toronto, secondo cui la terza dose non sembra offrire molta protezione contro la nuova variante rispetto alla Delta. I risultati dello studio pre-print, pubblicati su MexRxiv, evidenziano che anche se i primi dati suggeriscono che la terza dose rinforza lo scudo protettivo contro Omicron, “anche con tre dosi di vaccino, la neutralizzazione contro la variante omicron era inferiore (di un fattore 4) a quella contro la variante Delta“. Quindi, hanno concluso come sia “improbabile che due dosi di vaccini Covid proteggano dall’infezione Omicron“.
L’efficacia contro l’infezione Omicron è sostanzialmente inferiore a quella contro Delta, ma “una terza dose di vaccino mRNA offre un certo livello di protezione contro l’infezione Omicron nell’immediato. Tuttavia, la durata di questa protezione e l’efficacia contro la malattia grave sono incerte“. Di conseguenza, i ricercatori ritengono che siano probabilmente necessari “ulteriori strumenti oltre ai vaccini attualmente disponibili, come misure di salute pubblica, antivirali e vaccini aggiornati, per proteggere dall’infezione Omicron“.
I RISCHI DEI VACCINATI
Ciò in quanto il comportamento dei vaccinati, e le politiche che si applicano a questo gruppo, possono esporli ad un maggior rischio di esposizione. Si fa l’esempio dell’Ontario, dove nell’autunno del 2021 è stato introdotto un sistema di certificati di vaccinazione, per cui solo gli individui che hanno ricevuto due dosi di vaccino sono autorizzati a viaggiare in aereo e in treno, e ad entrare in ristoranti, bar, palestre e grandi eventi culturali e sportivi. “Il rischio di esposizione degli individui vaccinati può essere più alto rispetto agli individui non vaccinati poiché la vaccinazione è un requisito per partecipare a queste attività sociali“. Questo potrebbe spiegare perché l’efficacia sia così bassa ad una settimana dalla terza dose. “In lavori precedenti, abbiamo notato una efficacia negativa nella prima settimana dopo la seconda dose rispetto alle varianti precedenti, in linea con l’ipotesi che un’errata convinzione di protezione immediata dopo la vaccinazione può portare a un cambiamento prematuro del comportamento“. Va tenuto però anche conto del fatto che le cellule T sono meno influenzate dalle mutazioni nella variante Omicron e probabilmente continuano a fornire protezione contro la malattia grave.
I RISULTATI DELLO STUDIO
Nel tentativo di fare chiarezza sull’efficacia nel mondo reale del vaccino (VE) contro la variante Omicron o Delta, il team canadese ha esaminato gli individui dai 18 anni in su, con un risultato positivo del test PCR tra novembre 2021 e dicembre 2021, escludendo i residenti a lungo termine e coloro che avevano ricevuto solo una singola dose di vaccino Covid o una seconda dose meno di 7 giorni prima del test. Il team ha identificato 3.442 soggetti positivi alla variante Omicron, 9.201 alla Delta e 471.545 negativi. Gli individui infetti da Omicron erano generalmente più giovani: età media 34,8 anni (49,2% maschi) contro i 43,7 anni (stessa proporzione di genere) per le infezioni Delta. Dopo due dosi di vaccino Covid, l’efficacia contro la variante Delta era del 71% a più 240 giorni dopo la seconda dose, salendo al 93% ad almeno 7 giorni dalla terza dose. Al contrario, due dosi di vaccino non risultano protettive contro Omicron in nessuna fase ed è emersa una efficacia del 38% dopo la seconda dose, che arriva al 37% ad almeno 7 giorni dalla terza. Questi risultati erano coerenti per tutte le combinazioni di vaccini usati. Per i ricercatori, dunque, le persone che ricevono due dosi non vanno considerate completamente vaccinate, mentre la terza dose offre una certa protezione, ma l’efficacia contro la malattia grave resta incerta.
LE CONCLUSIONI DEI RICERCATORI
Questi risultati hanno implicazioni potenzialmente importanti. “Se l’obiettivo di queste politiche è quello di proteggere dall’infezione, allora gli individui che hanno ricevuto due dosi di vaccini mRNA potrebbero non essere più considerati completamente vaccinati“. Se invece l’obiettivo primario è quello di proteggere dalla malattia grave e dall’impatto sul sistema sanitario, “saranno necessari ulteriori dati per determinare il numero di dosi necessarie per fornire una protezione adeguata contro gli esiti gravi causati da Omicron“. Questo studio comunque si aggiunge a un corpo emergente di ricerca secondo cui “lo stato di immunizzazione non può essere semplicemente dicotomizzato, e che la protezione è invece basata su una varietà di fattori come il tipo di vaccino ricevuto, l’età del destinatario, il tempo trascorso dall’ultima dose e la variante in circolazione“.
I LIMITI DELLO STUDIO
I ricercatori comunque riconoscono dei limiti nel loro studio. “In primo luogo, non siamo stati in grado di differenziare gli individui che hanno ricevuto una terza dose come parte di una serie primaria estesa (cioè, individui gravemente o moderatamente immunocompromessi) così come quelli che erano idonei per una terza dose prima (ad esempio, i residenti delle case di riposo). Come tale, la proporzione del nostro campione con una terza dose può riflettere queste popolazioni altamente vulnerabili, e quindi l’efficacia può essere inferiore a quella della popolazione generale a causa di comorbidità sottostanti, per esempio“. Inoltre, a causa dei limiti delle dimensioni del campione, non sono stati in grado di fornire stime di efficacia specifiche per età. In terzo luogo, non sono stati in grado di stimare l’efficacia contro gli esiti gravi, a causa del ritardo tra l’infezione e l’ospedalizzazione o la morte.