Lonely at the top, cantava Frank Sinatra, uno che di essere in cima al mondo se ne intendeva. E’ la sorte paradossale di molte star della musica, del cinema, anche degli affari. Quando sei in cima, il più grande, il più di successo capita di trovarti da solo perché non puoi fidarti di nessuno, perché gli altri in un modo o nell’altro ti sfruttano e monopolizzano. E’ quello, in sostanza, che ha denunciato Vasco Rossi in un post sulla sua pagina Facebook, da anni il suo spazio preferito per confessarsi, il che la dice lunga a proposito di solitudine: “Sono un emarginato di lusso, ma pure sempre un emarginato. Tutti mi conoscono ma io non conosco nessuno, perché ogni rapporto è comunque falsato”. Il cantante ormai sessantenne, ha vissuto qualche anno fa una grave malattia che aveva a che fare, secondo alcuni, con un forte esaurimento nervoso, dice ancora che  “All’inizio essere famosi era molto divertente, perché la vivevo come una conferma che esistevo. I primi successi mi diedero l’illusione di aver risolto tutti i problemi. Poi sono arrivati i prezzi da pagare. Ma come potrei lamentarmi? Sarei un pazzo, anche perché la popolarità è la conferma del valore delle cose che hai fatto”. Non è un bel commento questo che la dice lunga del rapporto superficiale che i musicisti italiani hanno con il successo. Non è vero che la popolarità è la conferma che fai un buon lavoro. E’ pieno di artisti che per tanti motivi non hanno mai avuto successo ma sono autori di canzoni mille volte migliori di chi va al primo posto della classifica. Intendere che si è famosi se si fanno belle canzoni vuol dire non aver capito nulla dell’arte e del mondo della musica: è pieno di canzoni spazzatura in cima alle classifiche.  E’ chiaro da queste parole che Vasco lascia trapelare di avere dei problemi, una incapacità di vivere che spesso ha cantato in passato.



VASCO ROSSI LA SOLITUDINE E LA PRESUNZIONE

Aver bisogno di una conferma di esistere significa essere cresciuti sentendosi una nullità, in famiglia, con gli amici. Sentirsi un reietto, uno che ha bisogno del successo per sentirsi vero e vivo. Sono patologie che si curano solo con una analisi e un trattamento psichiatrico. Adesso però è il contrario, dice di non poter camminare per strada perché tutti lo conoscono. Ecco cosa significa essere lonely at the top, da soli in cima. Così “ogni tanto parto e vado all’estero, dove non mi conosce nessuno. E lì mi mescolo alla gente e sto bene”. Ci si domanda di che razza siano le persone che lo circondano: i suoi manager, i suoi musicisti, la sua famiglia. Gente che non è capace di essergli amico o è lui che non sa stare con la gente? Passa poi alla musica, rivelando quello che vivono molti musicisti arrivando a drogarsi per non provare quello che dice Vasco: “Io ho bisogno della gente, il palco da solo non basta, il rock forse ti salva la vita all’inizio ma non per sempre, perché quando si spengono le luci, il concerto finisce, il disco esce e la gente smette di acclamarti, tu torni a essere quello che sei”, ha continuato. “Il successo tende a forzarti la mano, a far crescere dentro te la sensazione che tu esista nel modo in cui ti vede la gente. Ma è sbagliato, perché se credi a queste cose, allora devi accettarne anche le conseguenze: che tu esisti solo se c’è qualcuno che ti vede. E quando non ti vede nessuno? Ti ammazzi?”. Il palcoscenico, la folla, l’adrenalina, sono solo illusioni per un paio d’ore, poi c’è la vita reale, quella di tutti i gironi. Molti musicisti non riescono a combinare le due cose per questo si drogano, altri ci riescono benissimo. Vasco, alla sua età, stupisce che non sia ancora riuscito a risolvere il problema. E’ ora che vada davvero da un buon psichiatra. Il lungo post finisce con una dichiarazione alquanto presuntuosa, che dice di una personalità problematica circondata da yes man, quelli che dicono sempre di sì e che ti accontentano sempre: “Per fortuna, questi ragionamenti, queste aberrazioni – vogliamo chiamarle cosi’? – non influenzano la composizione. Quando scrivo, ho una sola certezza: quello che hai fatto prima non conta nulla, perché nel rock non esiste la riconoscenza. Non esistono meriti pregressi che ti facciano star comodo. Se tu smetti di fare grande musica, non È che la gente continua a seguirti solo perché una volta la facevi”.

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