Vasco Rossi e il ricordo di papà Giovanni Carlo

Con un lungo e toccante post pubblicato sui suoi profili social, Vasco Rossi ricorda con amore papà Giovanni Carlo, conosciuto come Carlino e a cui era legatissimo. Era stato proprio il padre e scegliere il suo nome per ricordare l’amico di prigionia in Germania durante la seconda guerra mondiale. Figlio unico, Vasco era amatissimo da papà Carlino e mamma Novella con cui trascorre del tempo in quel di Zocca ogni volta che ne ha l’occasione e che gli impegni di lavoro glielo permettono. Stavolta, però, ha voluto ricordare il padre, venuto a mancare prima che riuscisse a diventare il più grande rocker italiano, capace da più di 40 anni di riempiere interi stadi durante i vari tour.



Con una tofo tirata fuori dal cassetto dei ricordi e una lunga riflessione su quello che è stato il suo rapporto con il padre, Vasco Rossi emoziona tutti come è facile intuire dai vari commenti sotto il post.

Le parole di Vasco Rossi

“Sono 100 anni anni dalla nascita di papà Giovanni Carlo Rossi, Carlino. 100 anni!! È una cifra importante.
Nasceva nel 1923 ed è scomparso nel 1979 quando aveva 56 anni. Non è riuscito a vedere nulla di quello che avrei poi combinato ma sarebbe orgoglioso perché lo è sempre stato… anche quando non stavo facendo molto nella mia vita… facevo l’università ma mi trascinavo nella totale confusione perché non sapevo cosa volevo fare, sapevo solo quello che non volevo fare. E lui non si preoccupava affatto, si vede che aveva una grande fiducia in me e questo mi ha dato sempre una grande spinta”. Comincia così il lungo post di Vasco Rossi nel giorno in cui il padre avrebbe compiuto 100 anni. 



“Quando è scomparso, la sua forza e la determinazione, che facevano parte del suo carattere, sono entrate dentro di me e dopo ho fatto tutto quello che ho fatto. Mio padre faceva il camionista. Amava il suo lavoro perché gli dava il senso di libertà…Il camion lo teneva a Zocca perché la domenica c’era sempre da lavorarci dietro: lo curava, aveva la passione da meccanico. E lavava la macchina ogni domenica. Girava sempre in tuta da lavoro, aveva tutte le mani rovinate, perché a quei tempi doveva caricare le cassette della frutta una per una. Durante la guerra fatto prigioniero dai tedeschi e portato in Germania in un campo di concentramento è stato uno dei 600.000 soldati italiani che hanno detto “no” al nazi-fascismo, rifiutandosi di combattere contro gli italiani e rimanendo ai lavori forzati. Quando l’hanno liberato è tornato a casa minato fisicamente. Per quello è morto giovane, credo”, scrive ancora Vasco che poi conclude così la sua lunga riflessione – “Mi ha insegnato l’onestà senza compromessi e mi ha dato sempre solo amore. Parlava poco ma mi faceva capire tutto con uno sguardo. Bastava quello…”.