«Il Vaticano non può essere denunciato per pedofilia»; «Riconosciuta l’immunità della Santa Sede in tema di pedofilia»: pressapoco questi i titoli lanciati sui quotidiani di mezzo mondo, Italia compresa, in merito alla sentenza presa ieri dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU, da non confondere con la Corte Ue che è invece organo diretto dell’Unione Europea, ndr) sulle cause intentate da 24 persone per la maxi class action di vittime della pedofilia.



Come sempre però, specie quando si parla di Chiesa, occorre capire davvero quello che è avvenuto per evitare di accordarsi sulle posizioni ideologiche tout court (su entrambi i fronti). La vera sentenza, per esteso e in maniera completa, aggiunge un dettaglio non da poco: «la Santa Sede non può essere chiamata in giudizio per i casi di abusi sessuali commessi dai sacerdoti di vari Paesi». È per questa “piccola” aggiunta che si considera “immune” il Vaticano, non perché «non può essere denunciato a prescindere» ma semplicemente perché funziona come per qualsiasi altro ente nazionale: se un cittadino italiano compie un reato si persegue quel singolo individuo e non l’intero Paese di cui fa parte.



SENTENZA CEDU SUL VATICANO: COSA DICE REALMENTE

Entriamo ora però nelle pieghe di una sentenza che comunque farà discutere, specie per la tempistica che la avvicina allo scandalo del “Rapporto Sauvè” in Francia, ovvero il documento della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa in Francia che ha stimato in circa 216mila vittime di sacerdoti o religiosi pedofili a partire dagli anni ’50 (330mila se si aggiungono i carnefici laici sempre all’interno degli ambienti ecclesiali). L’immunità concessa al Vaticano dalla sentenza CEDU prende spunto dal riconoscimento dei «principi di diritto internazionale», scrivono i giudici: «La Corte ritiene che il rigetto (…) non abbia deviato dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti in materia di immunità dello Stato». Il tribunale di Strasburgo rigetta i ricorrenti belgi, francesi e olandesi che avevano contestato l’immunità sostanziale della Chiesa per i reati commessi dai singoli preti: non solo, non vi è stata ravvisata alcuna violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul “diritto di accesso a un tribunale”, come invece avevano invocato i ricorrenti. Dal 2011 i 24 denuncianti avevano citato in giudizio, con richiesta di risarcimento, i vertici della Chiesa in Belgio, le associazioni cattoliche e il Vaticano in quanto ente statale. Da ultimo, chiariscono i giudici, «Il Vaticano ha caratteristiche paragonabili a quelle di uno Stato, per questo riteniamo legittimo che la giustizia belga abbia reputato la Santa Sede come un ente sovrano straniero, con gli stessi doveri ma anche diritti di uno Stato».

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