La crisi c’è per tutti e dovunque, anche nella Santa Sede: avviene così che il Capo dello Stato del Vaticano, segnatamente Papa Francesco, con l’obiettivo di invertire la tendenza delle spese ingenti e dell’economia in sofferenza di questi ultimi anni, decide di tagliare gli stipendi di tutti i dipendenti vaticani. L’annuncio qualche settimana nel Motu Proprio-Lettera Apostolica fa non ha però portato conseguenze positive negli stessi dipendenti che ieri hanno consegnato una lettera-petizione dichiarando al Pontefice tutta l’amarezza per una decisione del genere.
«Per cosa stiamo pagando, Santità? Per le casse dell’Obolo destinato ai poveri, per aumentare gli stipendi ai dirigenti laici o per le costosissime consulenze esterne di cui si servono regolarmente?», è la domanda molto netta che compare nella lettera consegnata a Papa Francesco (e pubblicata integralmente dall’agenzia Adnkronos). I lavoratori della Santa Sede chiedono al Papa di incontrare una loro delegazione, evidenziando «le enormi criticità che caratterizzano l’intero sistema e che lo inducono a sprecare molto denaro e la necessità di un rigido inquadramento salariale dei dirigenti laici entro limiti ben precisi, coerenti con lo spirito di servizio e sacrificio cui ci si appella sempre rivolgendosi a noi impiegati».
LA PETIZIONE DEI DIPENDENTI “CONTRO” IL PAPA
L’accusa non è neanche tanto velata e diretta contro i manager laici che lavorano/collaborano con il Vaticano: «Occupano splendidi appartamenti dell’Apsa, posizionati nelle zone più prestigiose di Roma, senza corrispondere alcun affitto all’Amministrazione in questione (si potrebbe fare un calcolo delle mancate entrate da affitti per gli immobili occupati per ‘privilegio’) e senza farsi carico di alcuna spesa di ristrutturazione, contrariamente a noi impiegati che paghiamo tutto – si legge ancora nella durissima petizione – Oltre alla gratuità dell’affitto vorremmo menzionare macchine per uso privato, sconti sugli acquisti, segretari ad essi dedicati, rimborsi spese di varia natura». Secondo i dipendenti della Santa Sede, il vero problema è che ad oggi il Vaticano è ancora basato «su un sistema di privilegi che risultano deleteri sia a livello economico che reputazionale»: prendere ad esempio il nodo dei contratti considerati «fuori parametri» per i manager laici, che «non smettono di destare stupore, variando dai 6.000 ai 10.000 fino ai 25.000 euro mensili. Troppo, per un sistema come il nostro, che dovrebbe basarsi sullo spirito di ‘servizio alla Chiesa». Rispetto al Motu Proprio del 26 aprile 2021, concludono i dipendenti del Vaticano, «Ciò che è più grave è l’esclusione delle categorie più agiate dalla decurtazione degli stipendi nonostante il riferimento, all’interno della lettera apostolica, a criteri di ‘proporzionalità e progressività’».