Per il Vaticano il disegno di legge Zan è contrario a quanto stabilito nel Concordato. Una mossa inattesa, quella della Santa Sede, rivelata dal governo al Corriere della Sera. Mons Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, si è servito di una Nota verbale (una comunicazione diplomatica) consegnata all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede il 17 giugno scorso. Ieri si è letto che la Nota è stata consegnata “informalmente” al governo italiano, ma è un errore: si è rispettata la prassi ufficiale, e la consegna, semmai, è avvenuta in via riservata. Ciò significa che la decisione del Vaticano rispecchia perfettamente la volontà di papa Francesco, preoccupato, come la Cei, che il ddl Zan metta in pericolo la libertà di espressione. È quello che un vasto mondo d’opinione, laico e non solo credente, dice da tempo. Oggi Draghi risponderà in parlamento.



Romeo Astorri è stato ordinario di Storia e sistemi dei rapporti tra Stato e Chiesa nell’Università Cattolica di Milano. “L’iniziativa della S. Sede è legittima e il problema è reale” dice al Sussidiario. Ma l’esito in teoria non è scontato, perché il governo deve trovare una risposta che vada bene alla maggioranza che lo sostiene e le posizioni sul ddl Zan sono diametralmente opposte. Proprio questo induce a pensare che Draghi abbia già una soluzione. In ogni caso, dice Astorri, “l’intervento apre la strada a un confronto sulle modifiche auspicato anche dalla Cei”.



L’iniziativa della Segreteria di Stato vaticana è legittima o è un’ingerenza arbitraria?

È sicuramente legittima, perché avviene nell’ambito dell’interpretazione di un accordo diplomatico (l’accordo di revisione del Concordato, ndr) e questa facoltà è parte integrante dell’accordo diplomatico stesso. Questo indipendentemente dal merito della questione.

Può essere ancora più esplicito?

Tra Stato e Chiesa vige il Concordato che nel 1984 ha sostituito quello del 1929. Di fronte all’iniziativa di una parte – in questo caso lo Stato, attraverso il ddl Zan – l’altra parte esprime la sua opinione, avvertendo che tale iniziativa è secondo lei contraria a quanto previsto nell’accordo.



L’iniziativa è senza precedenti?

Rispetto alle modifiche al Concordato firmate nel 1984, dovrebbe essere la prima. Ma rispetto al Concordato del ’29 ce ne sono state più di una. Le Note più conosciute e importanti sono quelle che la Segreteria di Stato ha inviato al governo italiano relativamente alla legge sul divorzio, che, secondo la S. Sede, era in contrasto con l’articolo 34 del Concordato lateranense.

Perché quel condizionale, “dovrebbe essere la prima”?

Potrebbero esserci Note rimaste riservate.

In che cosa consisterebbe la violazione della norma concordataria da parte del ddl Zan?

L’articolo 2 dell’accordo di Villa Madama ai commi 1 e 3 riconosce alla Chiesa cattolica, al primo comma, la piena libertà di svolgere la sua missione, in particolare la libertà di esercizio del magistero, e al comma 3 riconosce ai cattolici la piena libertà di manifestazione del pensiero. Il ddl Zan violerebbe questa previsione in due punti.

Il primo punto?

Le scuole paritarie cattoliche vedrebbero limitato il loro obbligo di fondarsi sui principi della dottrina cattolica, e i genitori il diritto alla continuità educativa che li porta a scegliere queste scuole.

E il secondo?

La libertà dei cattolici, di cui al comma 3, sarebbe intaccata dalla protezione prevista dal disegno di legge in ordine alla cosiddetta “identità di genere”.

Se la Nota verbale è fondata nel merito, dovremmo trovare nel testo del ddl Zan che si impone al ministro di culto di dover commentare la Scrittura parlando bene dell’omosessualità o si impone alla scuola confessionale, non solo cattolica, di dover partecipare alla Giornata nazionale contro l’omotransfobia. Ma questo nel ddl Zan non è scritto.

Il problema posto è reale, ad avviso della Santa Sede, anche se meno grossolano di quanto lascerebbe supporre la sua domanda. Si tratterà di capire che cosa risponderà il governo. Va detto che durante lo scontro sulla legge Fortuna-Baslini, la questione sul matrimonio legata all’art. 34 del Concordato era molto più chiara, tanto che ci fu allora un tentativo – che poi andò a monte – di concedere il divorzio solamente ai matrimoni civili e non a quelli concordatari. Ora il caso è meno semplice e più controverso.

Perché secondo lei?

Perché il ddl Zan è scritto male. Secondo alcuni, ad esempio, proprio il fatto che venga ribadito (art. 4, ndr) il rispetto della libertà di opinione dimostrerebbe che il problema esiste, si pone. Mentre, secondo altri è semplicemente una ripetizione di quanto previsto dalla Costituzione che ne rafforzerebbe, nel caso specifico, il peso.

Il ddl Zan è scritto male per incapacità o per restringere arbitrariamente i diritti di alcuni uniformandoli ai “nuovi diritti” voluti – se non imposti – da altri?

È un fatto che le leggi italiane sono scritte male, direi sempre peggio. Sostenere che una legge è scritta male per uno scopo, mi pare eccessivo. Seconda questione: una legge come tale è sempre sottoposta al giudizio dell’interprete e non è mai a priori al riparo da un’interpretazione scorretta. Per sapere se tale interpretazione è legittima o no, c’è il ricorso agli altri gradi di giudizio e, se del caso, alla Corte costituzionale.

L’iniziativa della Segreteria di Stato, oltre ad essere legittima, è anche opportuna?

Quella dell’opportunità è una valutazione che compete a chi scrive la Nota. Poi viene la valutazione della sua giustezza e su questo interviene anche la valutazione dell’altra parte. Le Note verbali della Santa Sede sulla legge sul divorzio non ebbero alcun esito formale.

Cosa succede adesso?

Il governo italiano deve rispondere (Draghi ha detto che lo farà oggi in aula, ndr). Lo farà sulla base di una valutazione fatta dalla maggioranza politica che lo sostiene. Come si muoverà il governo, ancora non lo sappiamo. Da un punto di vista meramente teorico, c’è la possibilità di una crisi di governo.

Come nel 1970?

Sì. Allora si arrivò molto vicini alla crisi. Il governo tentò di tenere insieme la maggioranza e di non sconfessare il Vaticano. Ma non vi riuscì.

La sua previsione?

Ora la trattativa è politica. La decisione della Segreteria di Stato potrebbe in effetti avere aperto lo spazio per una modifica del ddl Zan.

Le faccio due obiezioni. La prima: il Concordato è un problema, perché dà alla Chiesa garanzie superiori a quelle riconosciute agli altri soggetti collettivi.

Il Concordato non riconosce alla Chiesa cattolica con un accordo diritti assenti dalla Costituzione, ma una loro specificazione, con riferimento alla Chiesa cattolica. Nelle intese con le confessioni diverse dalla cattolica avviene lo stesso. Mi sembra quindi che coloro che agitano la questione dei privilegi siano vittime di una lettura non più attuale. Anzi, in taluni casi il diritto comune è più generoso con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni con intesa, di quanto non sia il Concordato, o in genere la legislazione bilaterale. 

La seconda: una legge ordinaria dello Stato sulle libertà civili non è una materia di diritto internazionale. La Chiesa non aveva altre strade?

Una delle novità più rilevanti del diritto interno sta nel fatto che, in materia di libertà civili, è debitore delle convenzioni internazionali cui l’Italia aderisce. Ad esempio, in materia di diritto di libertà religiosa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’art. 9, è più dettagliata della Costituzione italiana. Per quanto riguarda la Santa Sede, mi pare che chieda che il diritto italiano operi un bilanciamento tra la libertà religiosa, così come è riconosciuta alla Chiesa, e il diritto di libertà religiosa, come delineato dal diritto comune in un caso specifico. Per la Chiesa cattolica, questo bilanciamento avviene, per la particolare tradizione giuridica europea, a partire da un concordato che è da sempre considerato un accordo internazionale.

Perché il Vaticano si è mosso in questo modo? Ha ritenuto che la strada pastorale o della comunicazione pubblica di vescovi, politici, enti, associazioni fosse ormai ininfluente?

Non saprei. Però, come dicevo, questo intervento ha, almeno sembra, aperto la strada a un confronto sulle modifiche auspicato anche dalla Cei. Vedremo dove si arriverà.

La Nota verbale è stata consegnata in via riservata ed è divenuta pubblica perché il governo italiano l’ha fatta trapelare al Corriere della Sera. Questo fatto giustifica obiezioni tecniche o politiche?

No. Rendere pubblica la Nota è un diritto di chi la riceve, anche in caso di richiesta in senso contrario dell’altra parte. Sarebbe ovviamente un segnale della volontà di aggravare il dissidio. In questo caso, visto che il presidente del Consiglio andrà in parlamento domani, si potrebbe dedurne che ha già in mano gli elementi per una risposta che ritiene poter essere soddisfacente alle esigenze di entrambe le parti.

(Federico Ferraù) 

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