Una indagine severissima, quella che papa Francesco ha ordinato nelle settimane scorse, come mai era avvenuto in Vaticano per faccende del genere. Indagine che ha preso il via dopo che Bergoglio è stato avvertito all’inizio della scorsa estate di possibili, enormi crimini finanziari che coinvolgerebbero anche l’istituto del cosiddetto “Obolo di San Pietro” che si occupa della distribuzione di fondi economici ai poveri. A parlargliene esponenti dei vertici dello Ior e lo stesso Revisore generale, nelle intenzioni del pontefice una autorità anticorruzione. Coinvolti personaggi di spicco come due dirigenti degli uffici della Segreteria, Vincenzo Mauriello e Fabrizio Tirabassi, un’addetta all’amministrazione, Caterina Sansone, e due alti dirigenti vaticani: mons. Maurizio Carlino, da poche settimane capo dell’Ufficio informazione e Documentazione, e il direttore dell’Aif Tommaso Di Ruzza. Non solo: l’avviso sull’allontanamento dei cinque, firmato dal direttore dei Servizi di sicurezza e protezione civile dello Stato della Città del Vaticano e comandante del Corpo della Gendarmeria Domenico Giani, era finito sulle pagine dell’Espresso, cosa che aveva ulteriormente irritato Francesco. Giani ha poi dato le dimissioni dal suo ruolo, ma l’indagine resta aperta e si arricchisce di sempre nuovi capitoli, tra cui il coinvolgimento dell’attuale premier Giuseppe Conte, tirato in ballo dal Financial Times, il quale avrebbe fatto una consulenza sull’acquisto da parte della Santa Sede di un immobile di pregio a Londra. Secondo quanto scritto dal quotidiano inglese, il legame tra l’allora non ancora premier e l’investimento del Vaticano nella capitale britannica è il fondo che ha realizzato l’operazione, Athena Global Opportunities, gestito dal finanziere Raffaele Mincione. La Segreteria di Stato, infatti, era l’unico investitore del fondo Athena con 200 milioni di dollari. Conte emise un parere giuridico per Fiber 4.0, una cordata di azionisti di Retelit di cui Athena aveva il 40%. A questo si aggiunge adesso lo scambio di battute, non proprio “ecumenico”, tra il Segretario di Stato cardinale Parolin, che ha definito “opaco” l’acquisto dell’immobile londinese, e monsignor Angelo Becciu, ai tempi dell’acquisto Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato. Questi si è difeso dicendo che non c’è nulla di opaco nell’affare e che il Vaticano ha sempre “investito nel mattone”. Insomma, una nuova guerra nella Curia romana di cui abbiamo chiesto un parere al giornalista e conduttore Gianluigi Nuzzi che proprio in questo periodo ha pubblicato il suo nuovo libro “Giudizio universale” in cui si parla di un possibile crac economico del Vaticano stesso.



Che ne pensa di quanto pubblicato dal Financial Times a proposito del coinvolgimento di Giuseppe Conte nell’acquisto dell’immobile londinese da parte del Vaticano? Allora Conte non era ancora premier, ma Matteo Salvini ne chiede le dimissioni, se la cosa fosse accertata.

Non mi sembra che quella di Giuseppe Conte sia stata una consulenza sulla compravendita dell’immobile; come avvocato ha dato un parere a una parte di soci di Athena in una loro operazione di golden share. Non c’è altra evidenza, Conte non è indagato, non compare in nessuna vicenda relativa all’immobile, quindi è una cosa che non prendo in considerazione. In Vaticano ci sono emergenze ben più significative. Al momento quella è una vicenda a cui non vale dedicare del tempo.

A proposito di emergenze in Vaticano, siamo in mezzo a una indagine senza precedenti sugli acquisti di immobili in cui sarebbe coinvolto anche l’uso del cosiddetto Obolo di San Pietro. Che idea si è fatto?

Penso che lo scambio di battute tra il Segretario di Stato Parolin e il cardinale prefetto della Congregazione delle cause dei santi Angelo Becciu sia molto indicativo della situazione di tensioni in Vaticano e che rendono palesi attriti che non sono di oggi tra l’ex sostituto Becciu e Parolin.

Cosa intende?

La cosa sorprendente è che Parolin, uomo di diplomazia che ha fatto della questione cinese relativa alla Chiesa clandestina una sua priorità diplomatica, ottenendo peraltro ottimi risultati, faccia dichiarazioni di politica interna. È significativo per un uomo abituato al basso profilo, al silenzio, alla diplomazia e non ai giornali.

E monsignor Becciu invece?

Becciu, che è persona ruvida e che difende il proprio operato quando era sottosegretario della Segreteria di Stato al tempo dell’acquisto dell’immobile, credo abbia perso una occasione per tacere.

Perché?

Di fronte a questo intervento del Segretario di Stato e non conoscendo gli atti dell’indagine – almeno mi auguro non li conosca, e se li conosce ci si dovrebbe chiedere come fa a conoscerli -, mi chiedo come faccia Becciu a liquidare una indagine che sembra invece scavare in profondità in un episodio così complesso. Non si parla infatti solo della compravendita dell’immobile in questione, ma anche di altro.

Siamo davanti a un ennesimo scontro all’interno della Curia romana?

Direi di sì. Quanto sta accadendo rispecchia la situazione interna di contrasto fra i curiali italiani, che con la fuoriuscita di Bertone hanno avuto ampia possibilità di crescita a partire proprio da Becciu, il quale fino a pochi mesi fa aveva rapporti con la politica italiana abbastanza inconsueti, e dall’altra un cardinale che rivendica il suo ruolo strategico.

Lei ha spesso detto che le sue indagini, i suoi libri, hanno l’intenzione di difendere Bergoglio da questi scontri che poi finiscono sempre per coinvolgerlo. È così?

No, non è esatto. Io faccio il cronista, racconto fatti, non mi metto a difesa di uno o contro un altro. 

Però descrive situazioni di scontro nella Curia romana: a che scopo?

Quello di riportare dei fatti. Ne abbiamo parlato fino adesso. Abbiamo il Segretario di Stato contro uno degli uomini più potenti della curia, abbiamo un papa che fa fatica a mettere in ordine l’aspetto economico, abbiamo cardinali che cercano di ridurre la drammaticità dei documenti che ho pubblicato nel mio ultimo libro, come il cardinale Marx, che è uno dei consiglieri economici più ascoltati dal papa.

Qualcuno dice che Bergoglio sbagli spesso a scegliere i suoi collaboratori.

Questo papa è l’espressione più profonda di quello che i Gesuiti sono sempre stati nella storia, non credo davvero sia un ingenuo.

(Paolo Vites)