ROBERTO VECCHIONI, IL FIGLIO ARRIGO E LA FEDE

Roberto Vecchioni e la lezione in San Pietro per ribadire come una fede concreta può nascere anche nel dolore più grande (come la morte di un figlio): lo scorso 21 novembre il cantautore milanese è stato protagonista della seconda “Lectio Petri” nella Basilica Vaticana, in compagnia dei cardinali Mauro Gambetti (arciprete in Vaticano) e Gianfranco Ravasi.



La fede in Dio e nella Chiesa nasce realmente per Vecchioni nel dolore più grande, ovvero la morte di Arrigo: il secondo dei figli avuto con la moglie Daria Colombo (morto il 18 aprile scorso dopo la lunga malattia per sclerosi multipla) è mancato giovanissimo a 36 anni, eppure questo non ha portato il baratro in quella famiglia. Tutt’altro, come racconta nell’intervista al “Corriere della Sera” dopo la lezione in San Pietro: «Il dolore più grande della mia vita. Ma invece di sbalzarmi nell’inferno mi ha proiettato verso la speranza». Sono i dolori ad aver fatto maturare la fede di Roberto Vecchioni, è il «cercare di spiegarmi razionalmente o sentimentalmente il perchè del male. E quindi lentamente capire che c’è un senso, oscuro ma c’è». Secondo il cantante di “Luci a San Siro” aveva proprio ragione Eschilo quando sosteneva che “si impara soffrendo”: «è vero, non si impara niente dalla felicità, è uno stato di quiete, di mare morto. Nel mare in agitato scopri come navigare».



“CON MIA MOGLIE SIAMO UNA COSA SOLA”: LA LEZIONE DI VECCHIONI TRA FEDE E AMORE

Molto bello il passaggio in cui Roberto Vecchioni parla del rapporto con la moglie Daria, sempre insieme per 43 anni e autentico “segno” di un bene che non si spegne: «da 43 anni sto con una donna che è meravigliosa e siamo una cosa sola. Posso aver avuto tutti i dolori del mondo, ma posso anche dire che per 43 anni ho avuto al mio fianco una persona con cui — nel bene e nel male, nei litigi, nel capirsi e non capirsi — abbiamo costruito una sintassi dell’esistenza comune».

Nel dialogo con “Avvenire” sempre in merito alla testimonianza di fede che è stata la sua esistenza in questi ultimi mesi, Vecchioni si sofferma sulla figura di San Pietro: «Mi piace perché è un uomo fallibile, vero. Non è uno che sta dietro Cristo per pura piaggeria. Sbaglia e sa chiedere perdono e questo ce lo rende vicino. E poi il brano degli Atti degli Apostoli di cui parliamo in questa Lectio Petri, dove proprio Pietro afferma che Dio non fa preferenze di persone, è ante litteram in tanti modi». Ribadendo il suo particolare rapporto con la fede, il cantante si rifà alla stessa fede di San Pietro che incontrò la salvezza solo dopo la croce e il dolore: «Sono un credente, ma ho avuto una lenta costruzione della mia fede. E in questo cammino mi sono reso conto progressivamente che tutto ciò che capita ha una recondita ragione, anche il dolore. Penso che tutto ciò che ci capita nella vita non debba essere considerato come una finalità, ma come un segno. Anche il dolore è un segno. Non è la contro-finalità, il male che vince. È un segno. Da assumere e interpretare».