Ieri, a Norwich, una cittadina a 160 km da Londra, un tribunale ha deciso se il veganismo è o meno una religione. La notizia può sorprendere ma, se ci si riflette, ci si rende conto che tale giudizio è doveroso per uno Stato.
La Costituzione italiana, per esempio, garantisce come diritto fondamentale per i propri cittadini il culto della propria religione ma è necessario che lo statuto della confessione non sia contrario all’ordinamento giuridico (art. 8) e che le pratiche della religione non siano contrarie al buon costume (art. 19). Ovviamente, in ipotesi, se una religione praticasse i sacrifici umani, quel “culto” non sarebbe lecito; oppure, senza arrivare a casi tanto estremi, non sarebbe lecita una religione che ammettesse e praticasse la poligamia. Non è un’eventualità così peregrina. Nell’America del 1800 la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni (i cui fedeli vengono comunemente chiamati “i Mormoni”) venne perseguitata dalla legge perché all’epoca ammetteva il “matrimonio plurimo”, dottrina e pratica che in seguito ha misconosciuto ed abbandonato.
Ancora. In occasione di una recente intervista, Luigi Brambani, il responsabile degli affari pubblici della Chiesa Nazionale di Scientology d’Italia, mi ha personalmente spiegato che, a livello giudiziario, Scientology ha nel nostro Paese decine di sentenze che la riconoscono come religione. Quindi nessuna meraviglia che in Gran Bretagna si apra una questione sul veganismo.
Nel caso del veganismo nel Regno Unito, un vegano, Jordi Casamitjana, ha denunciato il suo datore di lavoro per ingiusto licenziamento dal momento che, pare di capire, alcuni comportamenti che il ricorrente sente doverosi per la propria religione lo inducono, secondo l’azienda, ad atteggiamenti lavorativamente scorretti.
Possiamo meravigliarci che lo Stato abbia da dire su che cosa sia religione solo perché confondiamo tra “religione” e “fede”. Questa distinzione, usata per prima da Karl Barth, consolidatasi con Bonhoffer, e che ormai è patrimonio comune, dice che “religione” è il modo in cui una società concepisce se stessa rispetto al divino, inteso nel senso più ampio possibile, anche a prescindere da un principio trascendente personale, e fede invece è il rapporto individuale con la divinità. Re-ligio vuol dire legare insieme: religione è come una società concreta e reale pensa sé stessa quando socialmente cerca il senso e il significato del misterioso che riguarda tutto ciò che nell’esperienza soggettiva o anche oggettiva eccede l’umano, eccede la possibilità di darsi una spiegazione. Sto pensando a quando nell’antichità si diceva comunemente che qualcosa era divino o anche solo trascendente. La fede invece è il mio rapporto personale, privato, intimo, con quel divino.
Normale quindi che lo Stato, inglese, italiano o americano che sia, decida di “religione”: gravissimo invece quando lo Stato decide della mia fede. Che per noi cristiani è il rapporto con Cristo. Santo, sacro e che nessuno può violare.